Il What-if e la narrativa speculativa
La locuzione What-if può essere tradotta in “E se…” o, ancora meglio, “Cosa accadrebbe se…” e rappresenta il nucleo di ciò che chiamiamo speculative fiction (narrativa speculativa), cioè fantasy, fantascienza e così via. È la domanda da cui si genera la storia che ci accingiamo a leggere o a narrare.
«Cosa accadrebbe se la magia esistesse nel nostro mondo e i maghi vivessero tra noi a nostra insaputa?». È il What-if di Harry Potter.
«Cosa accaderebbe se i mostri proliferassero nel mondo e si creassero dei guerrieri mutanti per dar loro la caccia?». È il What-if di The Witcher.
«Cosa accadrebbe se uno scienziato scoprisse il segreto dell’invisibilità e se ne avvalesse per i propri scopi?». È il What-if de L’Uomo Invisibile di H.G. Wells.
«Cosa accadrebbe se dei ragni extraterrestri dalla mente collettiva trascinassero l’Umanità in una guerra spaziale?». È il What-if di Fanteria dello Spazio.
La narrativa speculativa si fonda sulla distorsione della realtà fattiva o potenziale. Sulla creazione di mondi alternativi o sulle modificazioni del mondo in cui viviamo. Ucronie, distopie, utopie… sono tutte branche della speculative fiction.
Per quanto riguarda il fantasy e la fantascienza, possiamo facilmente distinguerli così: nel primo accade ciò che non potrebbe accadere; nella seconda accade qualcosa che potrebbe accadere. Impossibile contro Probabile. E in entrambi i casi il What-if funziona allo stesso modo: genera la domanda che innesca la speculazione.
Certo, si potrebbe porre una premessa simile per qualsiasi genere o tipo di storia. Il What-if de Il Mastino dei Baskerville potrebbe essere: «Cosa accadrebbe se un segugio infernale invocato da una maledizione uccidesse i discendenti di una nobile famiglia del Dartmoor?». Oppure, il What-if de Il Vecchio e il Mare potrebbe essere: «Cosa accadrebbe se un vecchio pescatore prendesse all’amo un pesce spada gigantesco?».
Anche in questi casi il What-if definisce il conflitto esterno che genera la storia. Ma, trattandosi di narrativa non-speculativa, esso potrebbe non rendere adeguatamente l’idea. Nel primo esempio, infatti, parliamo di un giallo; leggendo il What-if ci si aspetterebbe, al contrario, un romanzo dark fantasy. Per quanto riguarda l’opera di Hemingway, invece, il What-if non trasmette l’intenzione del romanzo: il pesce è, infatti, il pretesto per inscenare una lotta redentrice e pregna di significato.
Il What-if di Martin Eden potrebbe essere: «Cosa accadrebbe se un marinaio diventasse uno scrittore per amore?». Ciò non dice davvero nulla dell’opera, perché essa non è inquadrabile da una semplice domanda. Non è una speculazione che ne fonda l’esistenza, al contrario delle opere fantastiche. È qui la differenza.
Come utilizzare il What-if in una storia
Il What-if è fondamentale per costruire una storia fantastica o fantascientifica chiara e fortemente caratterizzata.
Per esempio, se avessimo un romanzo in cui i personaggi viaggiano nel tempo, gli alieni attaccano la terra, gli animali parlano e così via, il risultato sarebbe un pastrocchio generico di scarso impatto. Al contrario, se avessimo un romanzo in cui si verifica un singolo elemento tra quelli elencati (o se essi fungessero da sottofondo a uno principale) l’intera storia assumerebbe un’identità precisa. L’elemento in questione sarebbe totalizzante e il romanzo eserciterebbe un fascino unico, poiché sarebbe condizionato da quella premessa sin nelle fondamenta.
Facciamo un esempio: ho citato L’Uomo Invisibile di Wells, prima. Ebbene, oggigiorno l’invisibilità è presente in tantissimi libri, film e videogiochi, ma spesso sotto forma di contingenza, o conquista tra le tante conquiste magiche/tecnologiche.
Pensate all’invisibilità in Metal Gear: Solid, dovuta all’utilizzo della tuta Stealth. Essa non ha niente a che vedere col What-if del gioco: «Cosa accadrebbe se un’organizzazione terroristica minacciasse il mondo con dei bipedi corazzati capaci di lanciare testate nucleari da qualsiasi angolo del pianeta?».
La tuta Stealth è un elemento secondario derivante dalle ricerche della FOXHOUND, da cui proviene la cellula terroristica in questione e le sue diavolerie. L’invisibilità poteva esserci come non esserci, ed è solo una delle tante conseguenze del What-if del gioco. Ne L’Uomo Invisibile, al contrario, è l’invisibilità di Griffin a causare il conflitto. Griffin sconvolge il villaggio di Iping, impazzisce a causa della sua condizione, mentre i cittadini passano dallo sbigottimento al terrore.
Con questo non voglio dire che debba esserci un solo elemento speculativo nella storia, ma che debba esserci un solo What-if a fondarne la speculazione. Il sense of wonder (senso del meraviglioso) di Metal Gear, come quello de L’Uomo Invisibile, proviene proprio dall’esaustività della risposta a quella precisa domanda.

Il What-if, dunque, deve essere il punto di partenza di una storia fantastica o fantascientifica. Ciò significa che l’elemento speculativo deve determinare gli eventi e non fare da sfondo. Se, per esempio, creassimo una storia d’amore ambientata su Marte, dovremmo porci la domanda: «Perché su Marte?». Tanto vale, altrimenti, scrivere un romanzo rosa e non uno di fantasia. Certo, potremmo scrivere che la terra è rossa e le persone debbono portare i caschi con l’ossigeno, ma ciò non giustificherebbe l’elemento speculativo.
«Cosa accadrebbe se un uomo e una donna s’innamorassero su Marte?» non è un punto di partenza, come non lo è «Cosa accadrebbe se un uomo e una donna s’innamorassero?» o «Cosa accadrebbe se due persone vivessero su Marte?». Sono domande vaghe e con troppe implicazioni. Dobbiamo svilupparle.
«Cosa accadrebbe se un uomo e una donna s’innamorassero su Marte e dessero alla luce un marziano?». Già va meglio, ma è ancora vago e manca di una direzione.
«Cosa accadrebbe se un uomo ingravidasse una marziana e il bastardo alieno tentasse di distruggere la colonia umana dall’interno?». Ecco, qui l’elemento speculativo inizia a farsi ben più determinante.
Sviluppare il What-if aiuta a trovare l’identità della propria storia. Continuando a svilupparlo in frasi susseguenti è possibile determinare un gran numero di particolari. È uno strumento utile anche in tal senso. Come al solito, in narrativa la precisione è regina.
Altri casi in cui il What-if può giocare un ruolo di importanza assoluta sono le storie ucroniche e il world-building. Nelle prime, infatti, il romanzo dipende interamente dalla semplice domanda: «E se le cose fossero andate diversamente?». Cosa sarebbe accaduto dunque se i Tedeschi avessero vinto la WWII? Allo stesso modo, il world-building implica che tutto (ma proprio tutto) dipende da una speculazione: «Cosa accadrebbe se delle forme di vita si evolvessero al nostro stadio in un pianeta dotato della gravità lunare?», per fare un esempio.

Se volessimo partire da un pianeta che si distingue dal nostro per una caratteristica precisa, dovremmo costruire l’ecosistema in modo scientifico, pertinente, e ambientarci una storia che si possa narrare solo in quelle condizioni. Che senso avrebbe, altrimenti?

Il What-if non è solo la base sulla quale costruire le storie fantastiche. Esso serve ai lettori per determinare se una storia potrebbe riscuotere il loro interesse oppure no. E serve agli autori e alle case editrici per lo stesso motivo: marketing.
È molto più semplice vendere un prodotto se la descrizione è chiara, concisa ed efficace. Non a caso, quando ad alcuni editori viene proposta un’opera fantastica, la prima domanda è: «Qual è il What-if?», ovvero «Di cosa si tratta? Qual è l’idea di fondo? Qual è la trovata?». Se l’autore non sa rispondere a quelle domande allora qualcosa non quadra nell’opera.
I vantaggi dell’High-concept
E qui entra in gioco un concetto chiave.
Con la locuzione High-Concept ci si riferisce ai prodotti d’intrattenimento distinti da un singolo elemento. L’essenza di un romanzo o un film High-Concept può essere spiegata con una breve frase, che a sua volta esprime una condizione precisa. Non a caso, i prodotti High-Concept sono caratterizzati da un What-if onnicomprensivo.
Certe volte l’High-Concept è anticipato nel titolo, come nei film Snakes on a Plane, Hobo with a Shotgun, Alien vs. Predator… o in romanzi come American Gods di Neil Gaiman, Flatlandia di Abbott, Quoziente 1000 di Poul Anderson eccetera.
A differenza del What-if, però, l’High-Concept può essere un’affermazione. Per esempio, l’High-Concept di Ricomincio da capo è: «Un meteorologo si trova a rivivere inspiegabilmente lo stesso giorno ancora e ancora». L’High-Concept di The Truman Show è: «Un uomo scopre che la sua intera vita è in realtà uno show televisivo». Se volessimo porlo in termini di What-if, quest’ultimo sarebbe: «Cosa accadrebbe se un uomo scoprisse che la sua intera vita fosse in realtà uno show televisivo?».
Come per il What-if, l’High-Concept è utile per creare le fondamenta di una storia, per cristallizzare l’idea da cui scaturisce tutto il resto. Ed è utilissimo per questioni di marketing: poter comunicare l’essenza della propria storia in una breve frase consente di “acchiappare” facilmente i potenziali lettori.
Le persone non amano scervellarsi per capire qualcosa. Nel caso in cui la descrizione non risulti chiara state certi che la maggior parte dei potenziali acquirenti perderà interesse. Per non parlare dei Social Media, dei blog e così via: la stragrande maggioranza di persone legge solo le prime righe di un commento, di un articolo, di una sinossi o descrizione. Riuscire a catturarle al primo rigo è ciò che conta.

Pensateci: vedete un libro su Caligola; non sapete chi sia il personaggio (ugh!) e leggete la descrizione. «Il potere assoluto porta gli uomini alla follia. In questo sapiente saggio, Benito Banano mette a nudo la figura dell’Imperatore. Egli nacque nel…».
Sbuffate e state per posare il libro, quando notate lo strillo sulla fascetta di carta che avvolge il volume. «La vera storia di Caligola, l’imperatore folle e incestuoso che umiliò il senato romano ma che fu benvoluto dal popolo».
O ancora: siete a una fiera del libro; vi avvicinate a una bancarella, rimirate la copertina di un romanzo. L’autore vi nota, esibisce un sorriso smagliante. «Buongiorno! Le interessa il mio romanzo Cuore di Banana? È una storia densa di emozioni, in cui l’amore trascende il regno animale e mostra come gli esseri viventi siano tutti uguali e… blabla… due scimmie affrontano un gran numero di pericoli: una foresta oscura, uno zoo, dei bracconieri, e cominciano ad affezionarsi finché non sboccia l’amore… blabla… ma uno dei due muore e… bla».

Ve ne andate nel bel mezzo delle chiacchiere. Pensate, invece, se l’addetto vi fermasse e dicesse. «Buongiorno signore! Quello è il mio romanzo: è la storia di due scimmie modificate geneticamente che fuggono dallo zoo e s’innamorano perdutamente l’una dell’altra».
Poi, se mostrate interesse, l’autore potrà approfondire gli aspetti del romanzo.
Chiaro che un High-Concept o un What-if devono essere di vostro gradimento perché vi venga voglia di leggere il libro. Ma grazie a tale strumento saprete immediatamente se sia il caso oppure no.
Per questo motivo si consiglia, generalmente, di creare What-if o High-Concept originali. Ci sono milioni di romanzi speculativi e miliardi di romanzi di altri generi; perché qualcuno dovrebbe leggere il vostro? Per esempio, quante storie sui viaggi nel tempo esistono al mondo?
Sono cosciente che sia il COME a determinare la caratura di un’opera, e non il COSA. La differenza la fa lo sviluppo di un’idea e tutto ciò che c’è intorno. Perciò non oserei mai mettere in dubbio la qualità di un’opera solo per l’originalità e la chiarezza della sua idea costitutiva.
Tuttavia! Io non so quanto siate bravi voi, voi non sapete quanto sia bravo io. Con tutta probabilità non ho mai sentito parlare di voi, né voi di me. E se anche fosse, ci sono milioni di altre persone che non sanno chi siamo. Perché dovrebbero comprare i nostri romanzi se, in superficie, essi risultano uguali a tanti altri?
Ecco perché, soprattutto per un esordiente, il What-if e L’High-Concept sono armi efficacissime.
Ancora, pensateci: prendereste in mano il libro Guerra Stellare 118 di Marcello Cicciottello, o prendereste in mano il libro Stelle anali spaziali dello stesso autore? Chiaro che il secondo catturerebbe la vostra curiosità.
Magari vi piacciono i romanzi di quel genere e prendete in mano Guerra Stellare 118. Leggete la descrizione: «La nave 118 viaggia nello spazio interstellare per conto della flotta 119 e deve affrontare l’Impero dei cattivoni e…» che noia! Magari è scritto benissimo, magari è emozionante come pochi romanzi al mondo, magari è capace di cambiare la vostra percezione della realtà. Ma non lo sapete: ciò che sapete è che si tratta di tal Marcello Cicciottello e dell’ennesimo romanzo di guerre spaziali.

Prendete, invece, Stelle anali spaziali. La descrizione esordisce così: «Un buco nero sforna nuove stelle ai confini dell’universo. Intorno ad esso, una parete rosea forma due chiappe spaziali. Il cosmonauta Merdo è stato incaricato, con la flotta spaziale Coprolit, di indagare sul cosiddetto fenomeno del Culetto Spaziale. Che l’universo sia solo l’immenso escremento di una forma di vita superiore?».
Sì, lo so, è un’idea assurda e ripugnerà un sacco di gente, ma si tratta di uno sciocco esempio. Non dico che i romanzi debbano essere demenziali, che i What-if o High-Concept debbano rasentare il ridicolo. Tutto sarebbe, altrimenti, Bizarro Fiction. Ma ci vuole una forte dose di originalità. Surreale batte banale 1000 a 1.

Tale ragionamento si applica, per esempio, alla collana Vaporteppa di Antonio Tombolini Editore. I What-if sono fondamentali per la realtà in questione.
Per emergere dalla mole infinita di prodotti che ammorbano il mercato librario, Vaporteppa punta proprio sull’estrema originalità delle premesse e, allo stesso tempo, sulla qualità della scrittura. Sarebbe inutile, altrimenti, iniziare a leggere un libro per l’interesse che suscita e scoprire che è una merda, no?
Non a caso il catalogo di Vaporteppa è ricco di New Weird e Bizarro Fiction. Dai romanzi di Carlton Mellick III (Il Ninja Morbosamente Obeso, Apocalisse Peluche, Pugni di Armadillo, Puttana da Guerra, La Vagina Infestata… ecc.), ad Alieni Coprofagi dallo Spazio Profondo di Marco Crescizz, Caligo di Alessandro Scalzo, Abaddon di Giuseppe Menconi ecc.
Ci avete fatto caso? Alcune delle opere summenzionate presentano il loro High-Concept già nel titolo.

Altra casa editrice italiana che si distingue è, invece, Acheron Books. L’editore in questione punta moltissimo sull’High-Concept e afferma a chiare lettere di pubblicare soltanto opere contraddistinte da un High-Concept forte e chiaro.
La differenza tra le due sta nella direzione: se Vaporteppa cerca premesse innovative per storie immersive e originali, Acheron Books ricerca opere legate all’identità italiana, poiché fa dell’Italian Fantasy il suo segno distintivo. Acheron Books traduce i romanzi in lingua inglese e, per attirare i lettori stranieri, sfrutta il marchio del Made in Italy e il relativo genius loci.

Il risultato sono, spesso, opere ucroniche, retrofantastiche, retrofuturistiche, urban fantasy e commistioni varie. Per esempio: Eternal War – gli Eserciti dei Santi di Livio Gambarini, Poison Fairies di Luca Tarenzi (Guerre tra tribù di fatine velenose che vivono in una discarica), Imago-Mortis (Medium-detective comunica con i morti aspirandone le ceneri), Liutenant Arkham (Blade Runner incontra Il Signore degli Anelli) ecc.
Secondo Jeff Lyons, le storie High-Concept dovrebbero possedere questi sette requisiti:
- Un alto valore di intrattenimento
- Un alto grado di originalità
- Una chiara e forte presa emotiva
- L’inclusione di elementi davvero unici
- Un appeal universale
- Deve originarsi da una domanda What-if
- Deve essere fortemente visuale

Il mio consiglio è dunque quello di impiegare il What-if sia per creare le proprie storie fantastiche o fantascientifiche, sia per sviluppare l’idea dallo stato embrionale fino alle sue prime implicazioni.
Usare, invece, l’High-Concept per creare romanzi di genere che siano originali e che si distinguano dalla massa. Poi, applicarlo per commercializzare qualunque opera presso l’editore e presso il pubblico.
Con tutto il materiale che ricevono, le case editrici hanno poca pazienza e determinano in fretta se un manoscritto meriti il loro interesse o meno, ammesso che ne leggano le prime pagine o la sinossi. Trasmettere l’essenza e l’unicità del romanzo in una frase significa far capire all’editore che non si tratta della solita solfa, ma di un lavoro con un’identità, che merita rispetto e attenzione da parte del comitato di lettura.
Personalmente, inserisco L’High-Concept nel documento contenente la sinossi dell’opera e lo riporto sempre nel testo della breve mail che invio alla CE, così che l’argomento sia chiaro sin da subito. Non costa nulla ed è una tattica, a mio avviso, efficace.
Per esempio potrei scrivere, nel testo della mail:
Gentile Redazione,
Blablablabla.
Vi invio in allegato la documentazione relativa al mio romanzo dieselpunk, Leviathan. Si tratta di un’ucronia in cui bestie da sintesi e colossi a motore si danno battaglia sullo sfondo della Grande Guerra.
Blabla.
Giuseppe
È ciò che ho fatto col mio romanzo Cuore di Tufo, edito da Dark Zone edizioni. La stesura del romanzo è partita da un semplice What-if: «Cosa accadrebbe se le leggende popolari napoletane prendessero vita?». Di conseguenza, l’High-concept da me utilizzato per definire l’opera è il seguente: «Miti e leggende sinistre prendono vita nel cuore di Napoli».
E voi che ne pensate? Credete che What-if e High-Concept siano utili o inutili? Quanto pensate conti l’originalità dell’idea che costituisce il romanzo? Commentate!
2 risposte
interessante e divertente =D vorrei leggere stelle anali spaziali !
Beh penso che il What-if sia fondamentale per scrivere una storia che abbia un senso. Sono assolutamente d’accordo poi sul fatto che il what-if serva al lettore per capire se la storia può piacere o meno senza dover leggere tutto il romanzo. Mi è capitato molte volte di prendere un libro, leggere la descrizione e posarlo; o perché la descrizione fosse troppo lunga e noiosa, o perché poco chiara. Come posso comparare un libro se l’High-Concept non è chiaro? Comunque trovo interessanti e originali i libri che hai menzionato di queste case editrici di cui non ho letto mai nulla. Penso che leggerò Alieni Coprofagi, sembra stupendo! Comunque, per quanto mi riguarda, l’originalità di una storia conta molto. Non mi piace leggere libri che hanno una storia già sentita o vista, e il what-if e l’high-concept devono essere chiari da subito.
Come al solito articolo che mi fa pensare, e mi aiuterà in futuro per i miei acquisti. Bravo.