
Genere: Fantascienza
Editore: Fanucci, Fawcett Publications, Mondadori il 1 Gennaio 1956
Pagine: 237
Punteggio: 2/5
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Descrizione:
Durante una gita in barca, Scott Carey è esposto a una nube radioattiva. Qualche settimana più tardi, preoccupato per le proprie condizioni di salute, si sottopone ad alcuni controlli medici e scopre con sgomento che non solo sta perdendo peso, ma è anche diventato più basso: ha cominciato a rimpicciolirsi, in un processo irreversibile, di tre millimetri al giorno. In un crescendo da incubo infinito, Carey vede i suoi tentativi di proseguire una vita normale svanire e perdere di logica, per trasformarsi in una continua lotta per la sopravvivenza tra insetti giganti e pericoli impensabili. Ed è solo l'inizio del suo viaggio verso l'ignoto...
Il Papà dei Piccolini
Tre Millimetri al Giorno è un romanzo di fantascienza del 1956 scritto da Richard Matheson. Non sarà una delle opere più celebri dell’autore, come Io sono Leggenda, ma è certamente considerato un classico. Un anno dopo la sua uscita, da The Shrinking Man (titolo originale) fu tratto il film Radiazioni BX: distruzione uomo. Su di esso è liberamente ispirato, inoltre, il film The Incredible Shrinking Woman, del 1981.
Come intuibile dal titolo, si tratta di una storia a tema rimpicciolimento, o miniaturizzazione. Un argomento affrontato più e più volte da storie comiche e di fantascienza, sebbene Tre Millimetri al Giorno non abbia nulla di comico. Il romanzo è, infatti, un dramma ben poco sci-fi e con qualche gocciolina horror. In ogni caso, si tratta di una delle storie più importanti del genere. Fu Tre Millimetri al Giorno a ispirare, per esempio, il fortunato Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, di Joe Johnston.
Certo, Tre Millimetri al Giorno non è la prima storia a presentare tale premessa. Senza neanche allontanarci dalla fantascienza, Henry Hasse anticipò Matheson con He Who Shrank, novella del 1936 dal concept molto simile. Tuttavia, il tema iniziò a prendere piede soltanto con l’opera di Matheson. Nel 1962 la Marvel presenta Ant-man, il supereroe rimpicciolente, e nel 1966 esce il celebre film Viaggio Allucinante, poi ripreso da Asimov. E il resto è storia.
Tutto molto interessante, ma… vale ancora la pena di leggere, al giorno d’oggi, Tre Millimetri al Giorno? Scopriamolo.
L’Interminabile Dramma di Scott Carey
Tre Millimetri al Giorno si apre con l’incidente che capita al protagonista, Scott Carey. Durante una gita in barca, il nostro eroe entra in contatto con una strana nebbiolina, che poi si scoprirà essere altamente radioattiva. È quello l’innesco che provoca, in seguito, la peculiare condizione a cui va incontro il personaggio: il progressivo rimpicciolimento. A partire da un’altezza maggiore di un metro e ottanta, infatti, Scott inizia a diventare sempre più piccolo, fino a raggiungere dimensione microscopiche.
Dopo l’incidente iniziale, ritroviamo il nostro eroe intrappolato in una cantina, intento a sopravvivere in un mondo terribilmente più grande di lui. Scott è alto solo pochi millimetri e gli rimangono pochi giorni da vivere, dal momento che perde puntualmente tre millimetri al giorno. Nonostante la fine sia ormai prossima, però, egli continua a sopravvivere. Lo vediamo lottare per procacciarsi cibo e acqua; per trovare riparo; per scampare al ragno, una titanica vedova nera che tenta ripetutamente di ucciderlo.

Questa è la linea temporale del presente. Il romanzo, però, alterna tale narrazione ai ricordi di Scott, flashback ordinati del suo progressivo rimpicciolimento. A un capitolo ambientato nel presente segue uno ambientato nel passato, intitolato a seconda dell’altezza corrente di Scott (per es. “Un metro e cinquanta”, “Diciotto centimetri” ecc.). È una bella trovata, perché ci permette di capire a colpo d’occhio non solo che siamo nel passato, ma anche a che punto. Capita, però, che Scotti inizia a rivangare il passato anche nel corso del medesimo capitolo.
La cosa non crea particolare problemi. In effetti, i flashback occupano gran parte della narrazione e sono, senza ombra di dubbio, l’aspetto migliore dell’opera. Grazie a essi possiamo vedere le implicazioni del rimpicciolimento sulla quotidianità di Scott; il modo in cui questa “patologia” ha influenzato il suo matrimonio, il suo lavoro, la paternità, le relazioni interpersonali in generale eccetera. Com’è ovvio, i fastidi aumentano man mano, finché la vita di Scott non diventa tragica e grottesca.
Le scene ambientate nel passato sono cariche di dramma, al punto da caricare il personaggio di pathos. È difficile non provare empatia per il povero Scott, che non accetta passivamente la sua condizione ma prova più e più volte ad adattarsi. Inutilmente, perché il suo stato continua a cambiare, ed è questo il problema. Ai drammi che l’eroe vive dal punto di vista emotivo e relazionale, si aggiungono le riflessioni e le introspezioni, talvolta calzanti e interessanti ma, per la maggior parte, prevedibili. Del resto, Scott Carey è un uomo qualunque, e non ha chissà cosa da dire.
I flashback ci danno anche l’opportunità di conoscere le persone che circondano Scott, sebbene abbastanza superficialmente: la moglie Louise, la figlia Beth, il fratello Marty. Altri personaggi compaiono ogni tanto, come la bambinaia, il pedofilo, la nana circense eccetera, ma la loro presenza rimane circoscritta a quel ricordo. In realtà, anche Marty e Beth sono poco più che comparse, fuggevoli e prive di caratterizzazione. L’unico altro personaggio degno di nota, oltre a Scott, è la moglie Lu, che gli rimane accanto per gran parte della storia.
Peccato che neanche Louise sia un personaggio interessante. È una figura affettuosa, devota, compassionevole… ma troppo, troppo passiva. La donna fa di tutto per riportare le cose alla normalità, ma fa anche di tutto per evitare il conflitto. Matheson, intelligentemente, rende Scott man mano più teso e suscettibile riguardo alla sua condizione, per cui non serve chissà quale input per creare il dramma, ma le scene rimangono un one man show. Louise si limita a chiamare Scott per nome in tanti, troppo dialoghi, senza prendere decisioni interessanti e rivelarci qualcosa di sé.

Tre Millimetri al Giorno è, in definitiva, la storia di Scott Carey, e basta. E se l’uomo fa una gran pietà, sulle prime, la sua presenza costante inizia a diventare asfissiante dopo un po’. Come potrebbe non essere altrimenti? Non solo la storia è monotematica e monomaniacale, ma non esiste scampo alla maledizione di cui soffre l’eroe. Il risultato è che il dramma sfiora, in tanti flashback, il sapore del melodramma. Scott non può che soffrire e disperarsi ogni volta, per ovvi motivi. La sua è una lenta dissoluzione priva di colpi di scena.
Certo, l’autore segue con perizia le implicazioni del problema. La storia è onesta fino in fondo e Matheson non si risparmia: Scott va incontro a difficoltà che non ci aspetteremmo, dalle minuzie ai problemi esistenziali. Alcune parti risultano interessanti anche per questo, come quando Scott incontra la nana, si sente compreso per la prima volta e può finalmente usufruire di un mobilio a sua misura. In certi casi, l’autore non si fa problemi neanche di fronte alla morale, come quando Scott inizia a sviluppare un’ossessione per la bambinaia adolescente (la cosa più rivolante per i lettori americani, per i quali qualunque relazione con minorenni è considerata pedofila).
Di questi elementi faccio merito all’autore e, in effetti, sono ciò che regge la storia. Senza di essi, ci sarebbero stati pochi motivi per andare avanti. Non solo i personaggi sono appena accennati, infatti, ma anche i dialoghi sono di basso livello. Essi oscillano dall’eccessiva banalità al surreale. Mi riferisco, da un lato, alle chiacchiere passive di Lu, e dall’altro ai deliri letterari del pedofilo ubriaco. E che vogliamo dire della prosa? Matheson scrive in modo confusionario e moscio, soprattutto quando si tratta delle scene d’azione.
La cosa peggiore dello stile, però, riguarda la ripetitività. È una responsabilità sia della forma che del contenuto, come vedremo tra poco. Per quanto concerne la prima, Matheson non si preoccupa di usare cento volte gli stessi termini e, soprattutto, le medesime stucchevoli metafore. Tre Millimetri al Giorno è infarcito di figure retoriche, siano esse assolutamente superflue, bizzarre, scontate o calzanti. In particolare, l’autore ci ricorda costantemente (tra le altre cose) che il ragno è un uovo nero pulsante, e qualunque cosa appuntita è “come una lancia”.
Ma non sono queste le vere dolenti note, no. Quelle riguardano la narrazione qui-e-ora, cioè ciò che leggiamo tra un flashback e l’altro.
Tre Millimetri al Giorno, Ogni Santo Giorno
Come accennato prima, a inizio libro troviamo Scott Carey già prossimo alla fine. Com’è possibile, dunque, che la situazione perduri fino all’ultima pagina, tra un flashback e l’altro? Me lo sono chiesto anch’io. Ciò che mi auspicavo, quando ho iniziato a leggere Tre Millimetri al Giorno, era che Scott giungesse, nel giro di due o tre capitoli, alla sua sparizione, che ovviamente non poteva essere tale. Allora avremmo avuto un romanzo di fantascienza interessante, perché l’eroe si sarebbe ritrovato in un mondo microscopico via via più piccolo.

Insomma, se all’inizio vediamo Scott darsi battaglia con un ragno, mi sarei aspettato che in futuro si trovasse in un mondo abitato da microrganismi. Ma non succede nulla di tutto questo, perché il primo capitolo rimane sostanzialmente identico all’ultimo. I giorni passano e Scott perde gran parte della sua altezza: 9 millimetri, 6 millimetri, 3 millimetri, e poi… non vi svelo il finale, ma è terribilmente scontato. Anzi, dirò di più: il finale doveva essere la storia. E invece, questa si ferma alla sua premessa.
Cos’è che compone gran parte del testo, dunque, oltre ai flashback? I pensieri e i lamenti di Scott, in parte. Ma, soprattutto, le sue avventure. Il nostro eroe deve sopravvivere nella cantina e, per farlo, trova un modo per abbeverarsi alla pompa dell’acqua, scova dei crackers da mangiare poco alla volta e così via. Il tutto scalando pareti immense e ripide come montagne, e affrontando pericoli che, per noi, sarebbero ridicoli. Scott riesce nell’intento attraverso un po’ d’ingegno (crea anche una sorta di arpione con uno spillo) e tanta determinazione.
Tra un’avventura e l’altra, il nostro viene attaccato dal ragno, il suo temibile avversario. In qualche modo, riesce sempre a cavarsela per il rotto della cuffia. Queste scene sono dominate dall’azione e la narrazione, normalmente introspettiva, avvicina Tre Millimetri al Giorno ai romanzi d’avventura, con qualche punta horror dovuta agli agguati del ragno. Purtroppo, però, le scene sono terribilmente confusionarie ed è facile perdere i riferimenti quando Scott diventa Tarzan.
Tutto qui. Le vicende di Scott in cantina sono triviali, prevedibili, già viste, mal scritte e senza apparente scopo. Non esiste alcun mordente; del resto, sappiamo che tra poco Scott sparirà comunque, e lui stesso si chiede perché penare tanto. Non che sia un errore, perché il tema della storia ruota intorno allo spirito di sopravvivenza e adattamento dell’uomo, ma le scene in questione restano noiose, piatte e prive di dramma. Un riempitivo, insomma, in attesa del prossimo flashback.
Come se non bastasse, Matheson si dilunga nelle descrizioni di oggetti, ambienti e azioni in modo ingiustificato, rendendo tali parti, già superflue di per sé, ulteriormente prolisse. È una scelta incomprensibile. Tre Millimetri al Giorno avrebbe potuto essere un racconto lungo, e la storia ne avrebbe grandemente giovato. Non solo la maggior parte delle scene di sopravvivenza si possono tagliare, ma la lunghezza di quelle utili o significative andrebbe dimezzata.

In tutto questo, l’aspetto fantascientifico non è pervenuto. L’autore rivela, finalmente, il motivo e il funzionamento del rimpicciolimento in una manciata di paragrafi all’interno di un capitolo. Questo è quanto. Di lì in poi, la narrazione non torna più sull’elemento fantascientifico in sé, se non nel finale. La premessa di Tre Millimetri al Giorno, insomma, rimane sullo sfondo e funge da pretesto per imbastire il dramma di Scott.
Il concept fantascientifico è talmente debole che risulta, tra l’altro, inverosimile. Com’è possibile che Scott continui a perdere lo stesso numero di millimetri, indipendentemente dalla sua stazza? Se egli si rimpicciolisce di una piccola percentuale del totale, all’inizio, verso la fine lo vediamo dimezzarsi da un giorno all’altro. La banale e frettolosa spiegazione che viene data, riguardo al rimpicciolimento, non riesce a garantire alcun realismo al medesimo.
In secondo luogo, Scott continua a vivere e a comportarsi come prima, nonostante finisca per essere piccolo come una formica. Le uniche differenze che Matheson si degna di inserire riguardano la sensibilità ai suoni e la minor suscettibilità alle cadute, grazie al peso ridotto. E neanche funzionano, perché un essere umano microscopico avrebbe anche i sensi notevolmente ridotti… perciò non rischierebbe di perdere l’udito per il grido di un gigante.
In realtà, tutto dovrebbe essere diverso, per Scott. Il nostro eroe dovrebbe essere quasi cieco, rispetto ai nostri standard; avrebbe un freddo perenne addosso che lo ammazzerebbe in breve tempo, se non si mettesse a correre vita natural durante, eccetera. In verità, Matheson non si è neanche sforzato di rendere verosimile la sua premessa. Come detto, era interessato a essa solo in funzione del dramma e dell’impianto tematico a cui mirava.
Il risultato è che Tre Millimetri al Giorno è una storia di fantascienza per modo di dire. Esso si avvicina di più a un romanzo non di genere, banale, annacquato e scritto in modo approssimativo.
Conclusione: sconsigliato!
Contro:
- Personaggi inesistenti, a eccezione di Scott.
- Storia monotematica e monomaniacale. La presenza di Scott diventa asfissiante, dopo un po’.
- Il dramma sfiora il melodramma.
- Dialoghi di basso livello.
- Prosa estremamente ripetitiva e ricca di descrizioni superflue.
- Scene d’azione confusionarie.
- Le vicende di Scott in cantina sono triviali, prevedibili, già viste, mal scritte e senza apparente scopo.
- Metà romanzo sarebbe da tagliare.
- Aspetto fantascientifico non pervenuto; si tratta di un pretesto per imbastire il dramma.
Pro:
- I flashback. L’aspetto migliore dell’opera.
- Varie scene cariche di dramma.
- Facile provare empatia per il povero Scott, almeno all’inizio.
- La storia è onesta e non si risparmia.
- Ha creato un “genere”.
- Il personaggio di Scott Carey ha rilevanza letteraria, nonostante tutto.
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