
Genere: Fantasy, heroic fantasy, sword and sorcery
Editore: Doubleday, Nord il 1 Gennaio 1961
Pagine: 222
Punteggio: 1.5/5
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Descrizione:
Holger Carlsen, giovane ingegnere danese timido ed impacciato, è all'apparenza una persona del tutto ordinaria, a parte la sua robusta taglia atletica. Nulla lascerebbe presupporre che egli sia il depositario del fato del cosmo e che lo attenda un destino eroico. Ma, nel corso di una delle sue azioni come partigiano contro i tedeschi durante la seconda guerra mondiale, Holger si ritrova sbalzato all'improvviso in un universo parallelo, in una terra fiabesca dove vigono le leggi della magia al posto di quelle della scienza. È qui che dovrà affrontare nemici e ostacoli di tutti i generi: draghi, licantropi, mostri orrendi e streghe bellissime e maligne. È qui che il fato vuole che egli combatta, con tanto di scudo, di armatura medievale, di stallone nero e di spada magica, le forze delle Potenze Nere in una battaglia che investe il destino del cosmo intero.
Tre Cuori e Tre Leoni: D&D prima di D&D
Tre Cuori e Tre Leoni è un romanzo di Poul Anderson pubblicato nel 1961 e portato in Italia dieci anni dopo. La storia è tratta da un racconto breve dello stesso autore comparso sulla rivista Fantasy & Science Fiction del 1953. Anderson non era nuovo al genere: il futuro Gran Maestro della fantascienza pubblicò, nel 1954, La Spada Spezzata, fantasy classico (ma con tinte dark) coevo all’Opera di Tolkien e destinato a segnare il genere per tanti anni avvenire.

La storia di Tre Cuori e Tre Leoni gode di minor respiro rispetto a The Broken Sword, un plot più banale e dalla minor potenza drammatica, nonché un background meno curato e approfondito. Di contro, il libro offre un pacchetto minimale, semplice, nonché ricco di spunti, riferimenti e idee originali. Si tratta di un pastiche, più che di un romanzo, con avventure e personaggi tratti da leggende del Nord Europa, opere letterarie, mitologie varie e così via.
Tre Cuori e Tre Leoni ha influenzato la penna di Michael Moorcock; è stato nominato per i premi Retro Hugo del 2004 ed è noto, soprattutto, per aver introdotto una serie di elementi oggi tipici nel genere fantastico. In particolare, la divisione tra forze del Caos e forze della Legge (Ordine) fu ripresa dallo storico gioco di ruolo Dungeons & Dragons, che attinse a piene mani dal romanzo per tanti altri elementi, dalla classe del “paladino” alla (ormai classica) rigenerazione dei Troll.
Il romanzo vanta, insomma, numerosi primati e la sua eredità ha continuato a generare frutti nelle decadi a venire. Ritroviamo il protagonista, come personaggio secondario, in un’altra storia di Poul Anderson, Tempesta di mezza estate; nel romanzo Il numero della bestia di Heinlein; nel sequel scritto da Harry Turtledove, un racconto del 2014 col nome di The man who came late, la cui vicenda ha luogo trent’anni dopo la storia originale. Ma si tratta, in definitiva, di un buon romanzo? E, soprattutto, di un’opera ancora attuale?
Scopriamolo!
Tre(mila) Spiegazioni
Come anticipato, Tre Cuori e Tre Leoni prende spunto da numerose storie: dalla leggenda di Ogier il danese a Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare. In particolare, il romanzo fonde la narrativa fantasy con le epiche del Ciclo carolingio, che fungono da fondamenta e trait d’union tra i vari spunti. Qui risiede la vera originalità, a mio avviso, dell’opera. Ciò detto, il testo non fa mistero delle assonanze col romanzo Un americano alla corte di Re Artù di Mark Twain, pubblicato nel 1889.

Nella suddetta opera, l’ingegnere americano Hank Morgan viene trasportato, in seguito a un colpo alla testa, nell’Inghilterra arturiana. Grazie al suo acume e alle sue conoscenze tecnologiche, Hank finge di essere un potente mago e tenta di modernizzare e salvare il Passato… senza successo. L’opera è uno dei primi esempi di viaggi nel tempo in narrativa e, sebbene sia concepita come letteratura burlesca, è a tutti gli effetti un romanzo science fantasy.
Le similitudini con Tre Cuori e Tre Leoni, come avrete notato, si sprecano e non mi riferisco solo alla premessa. Anderson mantiene una vena umoristica nella storia e, devo dire, senza grande successo. Le battute sono fiacche, banali, stereotipate e, in certi casi, fuori luogo. Sono dell’opinione che una maggiore serietà avrebbe giovato al romanzo, viste le situazioni drammatiche in cui si trovano invischiati i personaggi. Per di più, l’ingegnere Holger fa uso a più riprese, come Hank Morgan, della sua cultura scientifica per cavarsi d’impaccio.
Non dico che Tre Cuori e Tre Leoni sia una mera rivisitazione, certo, ma Anderson stesso non cerca di nasconderne i numerosi debiti letterari. Anzi, li mette fin troppo in mostra. Tante, troppe volte nella narrazione, il buon Holger fa apertamente riferimento alle opere descritte poc’anzi, nonché a varie altre leggende ed eventi storici “traslati” nel mondo fantastico in cui si ritrova. Ha senso, dal momento che lui proviene dal mondo reale e utilizza quelle conoscenze per interpretare quella nuova dimensione.
Ciò nonostante, le continue citazioni diventano presto stucchevoli, oltre che poco eleganti. In verità, la sottigliezza non appartiene a questo romanzo. Ogni rimando, metafora, ispirazione e così via è scritta nero su bianco e somministrata al lettore in maniera prolissa. Lo stesso si può dire delle soluzioni applicate da Holger, dei personaggi, degli elementi soprannaturali, del background storico del mondo fatato e chi più ne ha più ne metta. Tutto viene convenientemente spiegato, e senza alcuna delicatezza.
Più riposati di quanto si aspettassero, si prepararono a partire. Alianora aveva ancora il suo unicorno: Holger si chiese quale influenza potesse avere su quell’animale timidissimo.
Tre Cuori e Tre Leoni, pag. 79-81
– E adesso, dove dobbiamo andare? – chiese.
– Per certo non lo so – rispose lei, – salvo che cercar dovremmo gli abitati degli uomini. È chiaro ormai che Faerie tutta la caccia ti sta dando, Holger – e gli sorrise con aria di adorazione. – Ma quegli esseri senz’anima avvicinar non si possono a una chiesa, perciò almeno possiamo ottenere una tregua. Ma poi cercar dobbiamo la protezione d’una magia potente: magia bianca.
– Dove?
– Conosco un incantatore, nel villaggio di Tarnberg; ha buon cuore e qualche abilità. È là che andar noi dobbiamo, credo.
– Sta bene. Ma se poi questa specie di genio non ce la fa a tener testa agli assi? – Holger vide lo sbalordimento che cominciava a smorzare lo sguardo adorante della ragazza e si affrettò a spiegare. – Voglio dire, supponiamo che un mago di paese non sia in grado di affrontare stregoni esperti come Alfric e la fata Morgana?
– Allora, probabilmente, recarti dovrai nell’Impero. È lontano, a occidente, e lungo e periglioso è il viaggio, ma nell’Impero con gioia accoglieranno un valente cavaliere. – Sospirò, con gli occhi umidi di lagrime. – È dai giorni di Carl, che non vi è mai stato uno come te.
– Chi era questo Carl? – domandò Holger. – Ho già sentito altre volte questo nome.
– Oh, il fondatore del Sacro Impero. Il re che forte rese la Cristianità e i saraceni ricacciò in Spagna. Carl il Grande, Carolus Magnus: senza dubbio di lui parlare avrai sentito.
– Mmm… mi pare. – Holger frugò nella propria memoria. Era difficile stabilire quale parte della sua conoscenza proveniva dai suoi studi e quale dagli inesplicabili ricordi che affioravano sempre più spesso dentro di lui. – Vuoi dire Carlomagno?
– Così taluni lo chiamano. Vedo che la sua fama persino nella Carolina del Sud è giunta. Dicono che molti cavalieri avesse al suo servizio, sebbene io sentito abbia soltanto le storie di quell’Orlando che cadde a Roncisvalle.
Il cervello di Holger cominciò a girare vorticosamente. Era veramente nel passato? No, era impossibile. Eppure Carlomagno era un personaggio storico.
Ah, adesso ricordava. Il ciclo carolingio, le Chanson de Geste, i romanzi tardomedievali in prosa e le ballate popolari. Sì, tutto quadrava. Faerie, la terra incantata, e i saraceni, le fanciulle-cigno e gli unicorni, la stregoneria e la Collina degli Elfi, Orlando e Oliviero… Perdiana! Possibile che lui fosse finito in un… in un libro?
No, questo era troppo assurdo. Era molto più ragionevole continuare a supporre che quello fosse un altro universo, un continuum spaziotemporale con leggi naturali proprie. Dato un numero abbastanza vasto di tali universi, uno di essi avrebbe dovuto corrispondere a qualunque schema arbitrario, magari allo schema delle leggende dell’Europa prerinascimentale.

L’infodumping viene messo in bocca (o nella testa) di Holger e dei suoi compagni, a seconda della convenienza. In ogni caso, al lettore non resta alcun collegamento da operare, alcun fascino, mistero o suspense. Anche la trama, infatti, è già scritta, oltre che estremamente povera e prevedibile. A tal proposito va detto, però, che l’opera ha una certa età e, a dispetto di tutto, mantiene una leggera freschezza. Questo non toglie che tanti, troppi elementi siano assolutamente scontati.
Pensate al nostro eroe, Holger Carlsen. Sappiamo dall’inizio che non si tratta di una persona qualsiasi, e chi conosce la leggenda di Ogier il danese capirà immediatamente quale sia il suo ruolo. Ma, ancora, il romanzo non ne fa mistero, sebbene finga di celare un mistero. Non ha molto senso, dal momento che il caro Holger viene visto come un personaggio straordinario dal primo che passa, desta terrore nelle orde del Caos, ha delle capacità straordinarie che non sapeva di possedere e fa cadere tutte le donne ai suoi piedi.
FPMA – Fantasie di Potere per Maschi Allupati
Vorrei spendere un paio di parole a questo proposito. Tre Cuori e Tre Leoni è stato criticato, in svariate recensioni, per il presunto “sessismo” e la sua pessima rappresentazione del genere femminile. Il libro è, come detto, del 1961 e chi mi legge saprà quanto poco stimi accuse di questo tipo (nonché i tipi di persone che le lanciano). Anche in questo caso, il problema fondamentale sfugge a chi ha sbrigativamente applicato tali etichette.
Il libro rientra nei generi heroic fantasy e sword and sorcery, tipicamente rivolti a un pubblico maschile in cerca determinate fantasie. Sono quelle che vengono comunemente chiamate “fantasie di potere“, in grado di farci sentire unici, temuti, irresistibili. Un esempio di tale meccanismo si ritrova nelle storie di Howard che vedono protagonista Conan il barbaro. Ebbene, non è un mistero quale sia una delle fantasie principali degli uomini: le donne.

Tre Cuori e Tre Leoni non fa eccezione. Tutti gli esemplari di genere femminile, buoni o cattivi, umani o non umani che siano, s’invaghiscono di Holger e, in molti casi, riescono a rubargli almeno un bacio (o un rapido amplesso). La cosa è talmente esagerata e surreale da sfiorare il comico. Non ce ne sarebbe alcun bisogno, ma Anderson sembra più interessato a consolare il lettore piuttosto che a narrare una storia… e ciò si riflette nelle imprese di Holger.
Il vero pericolo, il vero dramma viene ripetutamente smorzato dal deus ex machina di turno, che sappiamo arrivare con assoluta certezza. Del resto, Holger è il campione in grado di salvare il mondo, l’ennesimo prescelto, per cui troverà una forza o un prodigio insospettato da qualche parte dentro di lui, se non sarà uno dei suoi vassalli e parargli le chiappe. Sì, perché come ogni eroe surreale che si rispetti, Holger colleziona alleati pronti a sacrificare la vita per lui già al primo incontro.
Nessuno, in Tre Cuori e Tre Leoni, si comporta come un essere umano. Non c’è alcun buon senso, alcuna razionalità, alcun rapporto causa-effetto, alcun nesso logico in generale. I personaggi e i rapporti tra loro sono dettati, semplicemente, dalle esigenze di trama e dalla fantasia di potere di cui parlavamo. L’eroe è intoccabile e perfino i cattivi evitano di nuocergli, all’inizio. Anderson lo sa e liquida la questione accennando a una forza che l’eroe non sa di avere, ma che i suoi avversari conoscono, e perciò lo temono tanto da non provare a toccarlo.
Il che non ha, ovviamente, il minimo senso, né da un punto di vista drammatico né da quello pratico. Le forze del Caos potrebbero prendere di sorpresa e brutalizzare un indifeso (poiché incosciente) Holger infinite volte nella narrazione, ma non lo fanno. Del resto, questo potere incredibile non viene mai fuori, a eccezione della sua prestanza fisica… quando, al contrario, le forze del Caos dispongono di magie potentissime, orde di mostri e quant’altro.

La magia è un altro punto debole di Tre Cuori e Tre Leoni. È un’arte arcana che sembrano possedere tutte le creature di Faerie, in misure diverse. Eppure, dal temuto Duca Alfric alla strega più potente del mondo, Morgana, nessuno sembra approfittarne, soprattutto nei confronti di Holger. Le battaglie restano, per la maggior parte, scontri tradizionali in cui quell’energumeno del protagonista non può che avere la meglio.
Gli unici momenti più interessanti, da questo punto di vista, sono l’incontro col Troll e quello con l’Ondina. Nel primo caso abbiamo una creatura potente e soprannaturale; non dovrebbero esserci scorciatoie per il nostro eroe, a differenza del drago che abbatte con una secchiata d’acqua (una delle scene più ridicole del romanzo). E invece no, perché il potentissimo Troll, che ha ucciso dozzine e dozzine di guerrieri e può rigenerarsi, teme il fuoco. Il fuoco, per Dio! L’elemento più comune e nocivo per gli esseri viventi. Come poteva essere così temuto e inarrestabile, mi chiedo?
Lo stesso accade con l’Ondina, dopo una scena pseudo-erotica. Holger accende il pugnale di fuoco e se la batte; tutto qui, problema risolto. Anderson non prova neanche a mettere in reale pericolo il suo protetto, o a lasciar crescere la tensione. Come le possibili metafore, riflessioni, approfondimenti e così via, anche la tensione viene smorzata sul nascere, come se il pensiero di scrivere una storia seria impensierisse l’autore. E lo stesso vale per la caratterizzazione dei personaggi e delle forze in campo (Legge vs. Caos), che rimane in superficie.
Ecco, “superficiale” è l’aggettivo che più si presta all’opera.
Conclusione: sconsigliato!
Contro:
- Un pastiche di quest più che un romanzo coeso.
- Vena umoristica non all’altezza.
- Spiegazioni su spiegazioni.
- L’ennesimo prescelto imbattibile, con relativi deus ex machina.
- Fantasie romantiche che sfiorano il comico.
- Personaggi e comportamenti a dir poco surreali.
- Caratterizzazione, in generale, superficiale.
Pro:
- Buona proprietà di linguaggio da parte di Anderson.
- Premessa interessante e ricca di idee, spunti, influenze.
- Breve, per fortuna, e abbastanza scorrevole.
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Una risposta
Ahhh… I fantasy molto “da discount” di quella che fu la Fantacollana Nord!
Non sapevi mai cosa ci trovavi dentro ahahah!
Bell’articolo, collega!