
Genere: Ucronia
Editore: Elara, Harper Voyager il 27 Maggio 2003
Pagine: 336
Punteggio: 3/5
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Descrizione:
Senza la presenza delle grandi religioni monoteiste, Roma è da millenni in pieno fulgore e domina tutta la Terra preparandosi a colonizzare le stelle. L'epopea di un Impero Romano che non è mai caduto narrata da un grande maestro della Fantascienza.
L’Impero Romano d’Ucronia
Roma Eterna è un’antologia di racconti scritti da Robert Silverberg decenni prima e pubblicati nel 2003. L’autore ha deciso di riunirli in un’unica raccolta, integrata da storie scritte ex-novo, in base alla premessa ucronica e all’ambientazione condivisa.
Sto parlando di Roma, ovviamente, e dell’Impero Romano, ma non nella veste che noi tutti conosciamo. Come ben suggerisce il titolo, in Roma Eterna l’omonimo impero non è mai caduto, anzi. Roma ha continuato a trionfare e a dominare il mondo fino ai giorni nostri.
Non è un caso che il libro si apra con la celebre citazione di Virgilio (ne L’Eneide): «Ai Romani non pongo limiti né di spazio né di tempo. Ho promesso loro un impero infinito».
I racconti iniziali ci spiegano i momenti fondamentali in cui la storia ha preso un’altra piega, decretando l’inizio dell’impero infinito. L’elemento ucronico, infatti, si basa su molteplici svolte, sebbene se ne possano riscontrare due in grado di influenzare tutto il resto.
Mi riferisco alla nascita del Cristianesimo e alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente dovuta alle invasioni barbariche.
Nel prologo dell’antologia, lo storico Hermogenes Celer spiega al suo collega, Lentulus Aufidius, come l’Esodo degli Ebrei non sia mai avvenuto e inizia a fantasticare sulla possibilità di un tale avvenimento (What-if…).
«Immagina le possibilità, caro Aufidius! Poniamo che gli Ebrei abbiano veramente raggiunto la Syria Palaestina, che si siano insediati in modo permanente, questa volta, in quella fucina di fertilità mistica e di culti del raccolto. E poi, molti secoli più tardi, qualcuno fonde il fervente zelo religioso degli Ebrei con qualche credenza autoctona su rinascita e resurrezione, derivata dall’antico culto egizio di Osiris, ed ecco che nasce una nuova religione propugnata da un invincibile nuovo profeta (…)
E conquista tutti, come Cybele, Mithras e Osiris non sono stati in grado di fare. I suoi profeti predicano un messaggio di amore universale e di equa condivisione della ricchezza – soprattutto di condivisione della ricchezza. Ogni proprietà deve essere in comune. La povera gente dell’Impero si riversa nelle chiese di questo culto a frotte. L’ordine viene sovvertito. L’Imperatore stesso è costretto a riconoscere la nuova religione – a convertirsi, persino, per ragioni politiche – e questo culto finisce per dominare ogni cosa (…) sinché l’Impero, consumato dalla nuova filosofia, viene rovesciato dai barbari sempre in agguato ai suoi confini».
Avete capito bene: l’ucronia immaginata da Celer non è altro che la nostra realtà. Si sbaglia, ovviamente, perché l’ucronia è Roma Eterna e non la Roma di Virginia Raggi. O no? E se qualcuno, dall’altra parte dello specchio, stesse leggendo di noi in questo preciso istante?
Improbabile, certo. Nessuna mente, per quanto malata, avrebbe potuto immaginare un tramonto distopico di questa portata per la mitica Roma. Nel mondo di Silverberg, l’Imperium continua a plasmare gli eventi e le agende politiche. Grandeur e volontà di potenza, non Gli Occhi del Cuore e i monopattini.

Tornando al libro, l’assenza del Cristianesimo si riflette, positivamente, sulla tenuta dell’Impero. La decadenza religiosa viene parzialmente e momentaneamente tamponata da un nuovo culto diffuso dallo Stato: quello di Jupiter Imperator, tentativo di contrasto delle numerose religioni orientali che imperversano nella Penisola.
Ciò detto, sappiamo che i barbari ebbero la meglio sull’Impero d’Occidente. Ecco perché Silverberg, nel primo racconto, ci narra di come Maximilianus III riesca a respingere gli invasori con l’appoggio dell’Impero d’Oriente.
Inizia, dunque, la storia di una Roma che non è mai esistita.
Un’Epopea Millenaria
Roma Eterna presenta dieci racconti (più il prologo) ambientati nel medesimo contesto, ma in epoche diverse. La datazione è quella di Varrone, che parte dal 753 a.C. (l’anno 0 a.U.c., ab Urbe condita — dalla fondazione della città). Il prologo ha luogo nel 1203 a.U.c.
Tra un racconto e l’altro ci sono salti temporali ragguardevoli. Così facendo, Silverberg riesce a sviscerare le varie tappe dell’avventura romana, molte delle quali basate su fatti storici realmente accaduti. Abbiamo, per esempio, la nascita dell’Islam; la scoperta dell’America; una sorta di Regime del Terrore e via discorrendo.
Spesso, gli eventi in questione sono solo ispirati a quelli reali, poiché non potrebbero mai ripetersi in una società così diversa dalla nostra. Si tratta di strizzate d’occhio, più che altro. Echi della realtà che influenzano l’ucronia.
Con un po’ di attenzione, si possono scorgere revisioni in salsa romana di alcuni personaggi storici, come Leonardo da Vinci o Sir Francis Drake.
Silverberg è bravissimo coi nomi latini ed è estremamente preparato in fatto di cultura classica. Al di là dei suoi studi personali, che abbiamo imparato a conoscere nelle altre recensioni, non c’è dubbio che l’autore abbia fatto parecchie ricerche per la stesura di quest’opera.
La sola idea di scrivere non un romanzo in ambientazione ucronica, bensì una vera e propria epopea millenaria basata su fatti immaginari è una follia. Ma Silverberg, incredibilmente, se l’è cavata: gli avvenimenti e i diversi contesti storici risultano realistici, verosimili e, in linea di massima, ben studiati, con alcune eccezioni.
Chiaro che alcuni racconti siano meno riusciti di altri, da un punto di vista ucronico. Mi riferisco, per esempio, a La Seconda Ondata, sul cui aspetto storico Silverberg ha calcato la mano per ragioni di trama.
Inoltre, il world-building dell’autore ha tralasciato vari aspetti di grande importanza e interesse. La tecnologia, per esempio, il cui sviluppo non differisce granché dal nostro.
L’ucronia di Silverberg ha dei limiti. Limiti umani, considerato il lavoro immane che c’è dietro. L’autore si è focalizzato sul lato etico, sociale e politico dell’ambientazione, a discapito di tutto il resto. Chi cerca una storia alternativa profondissima e totalizzante resterà deluso.

Detto questo, Roma Eterna si dimostra più che all’altezza del compito per cui è stata, presumibilmente, concepita: mostrare un’alternativa a quello che alcuni di noi considerano il migliore dei mondi possibili; mostrare una morale differente da quella che noi reputiamo assoluta.
L’Impero dell’autore è, infatti, come ce l’aspetteremmo. Le persone vivono una sessualità molto più libera; lo schiavismo esiste ancora, la società è gerarchica e ci sono profonde differenze sociali; la religione viene vista con scetticismo dalle classi agiate (e qui ci sarebbe da dibattere).
L’idea di Roma riempie cuore e spirito di ogni cittadino e provoca un grande senso di responsabilità.
In Roma Eterna si respira quello che viene descritto come il «peso del passato», dal momento che persiste una continuità che, nel nostro mondo, è venuta a mancare. In ogni caso, l’unico punto di vista che ci è concesso è quello di patrizi o alti funzionari, unici protagonisti dei vari racconti (con poche e parziali eccezioni).
La scelta di Silverberg è comprensibile, ma problematica. Da un lato, capisco che l’uso di personaggi dell’alta aristocrazia permetta di vedere gli eventi da un punto di vista privilegiato; anzi, sono i protagonisti stessi, in vari racconti, a plasmare l’ucronia. Silverberg ci ricorda, attraverso il britanno Tyr, che «Quando molti di noi dormono, i pochi e i più svelti fanno la storia in una notte».
D’altro canto, la mancanza di POV alternativi ci impedisce di guardare l’ambientazione sotto altre luci. Per esempio, la vita del romano medio ci è preclusa in ogni epoca. Ciò contribuisce a quel senso di limitatezza che di certo urterà gli amanti del genere.
E qui veniamo alle dolenti note…
Roma Eterna for Dummies
Roma Eterna ha tanti difetti, a partire dalla sua struttura. L’idea di comporre un’epopea di storia alternativa attraverso una serie di racconti è interessante, per carità, ma crea una serie problemi al lettore e all’autore stesso.
Il primo disagio riguarda i protagonisti. Dato l’arco temporale immenso e i balzi che intercorrono tra un capitolo (cioè un racconto) e l’altro, non ci sono personaggi ricorrenti. L’introspezione di Silverberg è, come al solito, di ottimo livello, ma immedesimarsi risulta difficile nelle poche pagine a disposizione.
Al termine di un racconto, sappiamo che nel prossimo dovremo vestire nuovi panni e questo può risultare seccante. Inoltre, l’eroe precedente sarà morto e sepolto al tempo del capitolo successivo. Ha senso e non è una scelta errata di per sé, ma subottimale nell’ottica di coinvolgimento del lettore.

Per dare un maggior senso di continuità, Silverberg cita, in alcuni racconti, alcuni dei protagonisti che abbiamo incontrato in quelli passati. Una trovata intelligente, ma implementata in modo assai discontinuo. A eccezione degli Imperatori, le cui dinastie vengono riportate ancora e ancora e ancora…
Questo è uno dei difetti principali dell’opera. Silverberg ricrea una sorta di storiografia alternativa e, per ricordare al lettore il susseguirsi degli eventi, la riporta in lunghi, noiosi capoversi, del tutto simili a certi spezzoni introduttivi delle serie TV (Nelle puntate precedenti…).
Roma Eterna è disseminata di riassunti di questo tipo scritti a uso e consumo del lettore. Ma non finisce qui: l’infodumping abbonda nella bocca dei personaggi e perfino nei loro pensieri.
La conoscenza che l’autore sfoggia dell’Italia e della toponomastica viene macchiata dalla necessità di precisare, all’ignorantissimo pubblico americano, l’ubicazione dei vari luoghi in cui prendono parte gli eventi.
La narrazione è, insomma, farcita di “aiutini” per lettori speciali, e a ragione. Nonostante tutto, infatti, i lettori d’oltreoceano si lamentano di aver dovuto affiancare libri e mappe alla narrazione per localizzare le città e gli eventi storici.
Come si può immaginare, dunque, tutto questo devasta una prosa già lenta e poco convincente. Il che ci porta al prossimo punto.
Synthesis Aeterna
Siamo lontani dallo stile evocativo di Gilgamesh. In Roma Eterna, la narrazione procede in modo lineare ma asettico.
L’ambientazione è descritta a malapena e c’è una forte penuria di dettagli concreti e di azioni, a vantaggio di monologhi interiori e porzioni di testo del tutto raccontate.
Silverberg è un autore eccezionale e non ha difficoltà a scrivere in modo scorrevole anche quando si tratta di veri e propri riassunti. Ma restano riassunti, non scene: il coinvolgimento è davvero basso e viene salvato solo dalla profonda comprensione della psicologia umana mostrata dall’autore.
Certo, niente in confronto a Morire Dentro, Il Libro dei Teschi e altri suoi romanzi.
I racconti in prima persona, dunque, sono quelli in cui Silverberg dà il meglio di sé. Il migliore è senz’altro il secondo, cioè L’Eroe dell’Impero. Questo capitolo vale, da solo, l’intera opera: è assolutamente sconcertante e credo che lo ricorderò per tutta la vita.

Di contro, nonostante l’intenzione di mostrare tappe significative, i racconti inconcludenti sono tanti. Tra di essi, molti lettori annovereranno il finale; è senz’altro sottotono come conclusione a un’epopea, ma l’ho trovato adatto alla raccolta.
Del resto, il titolo è chiaro in proposito.
Conclusione: consigliato solo agli amanti di storia alternativa
Contro:
- Molti racconti sono troppo brevi per affezionarsi ai personaggi, e il taglio netto tra i capitoli non aiuta.
- Riassunti e infodumping a palate.
- Narrazione lenta, noiosa e scialba.
- La storia alternativa è limitata sotto parecchi aspetti, ma…
Pro:
- … Realistica, verosimile e ben studiata, in linea di massima.
- Silverberg si focalizza sul lato sociale, politico ed etico dell’ambientazione, con ottimi risultati.
- L’opera costruisce un’alternativa convincente al nostro mondo e alla morale imperante.
- L’introspezione dei personaggi è profonda e stimolante, come sempre.
- Il linguaggio è pertinente e scorrevole.
- Il racconto L’Eroe dell’Impero vale l’intera raccolta.
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4 risposte
Una recensione molto interessante di un libro davvero originale. Un enorme What If che fa sopravvivere l’impero romano e lo fa arrivare ai giorni nostri. È una particolarità che ho davvero apprezzato e che mi ha messo addosso molta voglia di prenderlo anche con tutti i suoi difetti.
Grazie Butcher e benvenuto nel blog! Non sei il primo che mi dice di essere interessato a prenderlo… mi sa che l’ho venduto troppo bene, rispetto ai suoi pregi!
Ps: bello l’avatar di Berserk 🙂
Sei riuscito a fare una bella recensione è a parlare in maniera ottima del libro pur con tutti i difetti che ha. E poi la tematica è davvero interessante. Comunque grazie! Mi fa piacere sapere che ci sono altri che conoscono Berserk!
Grazie a te!