Leggende Napoletane. Leggende Italiane
Per la stesura di Cuore di Tufo, il mio romanzo dark fantasy in cui le leggende napoletane prendono vita, ho dovuto documentarmi sulle figure folkloristiche della mia città, Napoli. Alcune di esse le conoscevo e, presumo, le conosceranno in molti: parlo di ‘O Munaciello, per esempio, della Bella ‘Mbriana o della famosa Janara.
Di altre creature ne avevo sentito parlare, sebbene non ne avessi una conoscenza “diretta”. Ma devo ammettere di essere rimasto colpito dalla mole di miti che avvolgono Napoli, come l’Italia tutta; così tanti, così affascinanti, che ho finito per scovare tesori di cui ero assolutamente ignaro.
Con questa nuova rubrica voglio, pertanto, condividere alcune delle fascinazioni in cui sono incappato. Perché sono parte di noi, della nostra religione urbana e territoriale (o dovrei dire “pagana“?). Perché sono motivo di ispirazione, di sprono, di saggezza, arricchimento e così via. Perché sono un pugno delle innumerevoli perle che l’Italia ha da offrire, tutte meritevoli di essere ri-scoperte… e bisogna pur iniziare da qualche parte, no?
Se t’interessa l’argomento, fai un salto sulla rubrica Folklore Italiano tra Media e Realtà!
‘O Munaciello (anche detto Monaciello, o Monacello)
‘O Munaciello è così detto per il suo aspetto: trattasi di un omino incappucciato che, all’apparenza, indosserebbe un saio. Da cui «piccolo monaco», o Monacello. La vulgata vuole che la leggenda dello spiritello si origini da una storia del ‘400 napoletano, narrata anche da Matilde Serao in Leggende Napoletane.
Due amanti, la ricca Caterina Frezza e il garzone Stefano Mariconda, furono ostacolati dal padre di lei, che assassinò il ragazzo. La fanciulla si ritirò in convento, dove diede alla luce un bimbo deforme, dalla testa sproporzionatamente grande. Quindi, prese a vestirlo con abiti talari, speranzosa in un miracolo. Tuttavia, le condizioni del bambino non mutarono e, quando egli usciva dal convento, veniva additato come «lu munaciello».
‘O Munaciello si aggirava per le strade del quartiere Porto, malvisto dalla gente. Spesso, si beccava sputi, insulti e pomodori. Gli vennero presto attribuiti poteri magici, nonché imputate calamità di ogni genere: se il cappuccio era di colore rosso, la sua presenza portava fortuna; se era di colore nero, significava sventura. In seguito, gli si addossarono le carestie, le pestilenze e perfino l’aumento delle tasse.

‘O Munaciello venne perseguitato, aggredito, inseguito… finché, un giorno, non scomparve. La Serao ipotizzò che fossero stati gli stessi Frezza a farlo assassinare, ma la gente ritenne che fosse stato il Diavolo e portarlo via con sé. Da allora, il popolo napoletano trasformò ‘O Munaciello in una presenza gnomesca o fantasmatica, a seconda dei tratti ad esso attribuiti.
(…) Un’anima ignota, grande e sofferente in un corpo bizzarramente piccolo, in un abito stranamente piccolo, in un abito stranamente
simbolico; un’anima umana, dolente e rabbiosa; un’anima che ha un pianto e fa piangere; che ha sorriso e fa sorridere; un bimbo che gli uomini hanno torturato ed ucciso come un uomo; un folletto che tormenta gli uomini come un bambino capriccioso, e li carezza, e li consola come un bambino ingenuo ed innocente.
(Da Leggende Napoletane di Matilde Serao)
Ma c’è un’altra leggenda che pretende di spiegare le origini di ‘O Munaciello. Parliamo degli antichi «pozzari», classe di professionisti che si occupavano delle cisterne sotterranee.
Per chi non lo sapesse, infatti, Napoli è attraversata da più di un milione di metri quadrati di cunicoli sepolti, scavati a più riprese durante la sua storia e utilizzati nei modi più disparati. Dalle case sotterranee delle popolazioni antiche alle cave e gli ipogei funerari dei Greci, agli acquedotti dei Romani (ben 400 km), ai depositi di veicoli, le vie di fuga, i rifugi antiaerei eccetera.
Ebbene, tali pozzari si aggiravano nel sottosuolo armati di lucerne a olio, mantelline da lavoro ed elmetti protettivi. Erano tozzi, piccoli: simili a dei fraticelli che, per risalire o discendere, utilizzavano delle nicchie scavate sulle pareti delle cisterne adibite proprio a questo scopo.
Dai pozzi (situati per altro nei cortili delle ville) alle case la via è breve, soprattutto se i committenti non pagavano i servizi o, in alternativa, custodivano mogli o figliole focose.
Va ricordato che certi cunicoli sbucano ancor oggi nelle abitazioni del Centro storico. L’eventualità che i gestori della rete idrica potessero intrufolarsi è estremamente plausibile. Per di più, certi pozzi erano profondi anche 30 metri e i pozzari dovevano fare una grande fatica per scendere e salire. Perciò, non era raro che li si «sgamasse» a sgraffignare cibo oltre che valori.
I pozzari rubavano e donavano alle loro nuove amanti, da cui la doppia indole. Del resto, i loro servigi erano di certa utilità. Resta, tuttavia, una natura squisitamente diabolica e del tutto estranea ai tratti succitati. Mi riferisco a certi Munacielli che, adescando gli ignari con favori e ricchezze, chiederebbero l’anima dei malcapitati in cambio. Un contratto col Diavolo.

Spesso, i Munacielli vengono considerati veri e propri spiriti. Se le vie sotterranee sono il loro mondo, essi non disdegnano visite ai vecchi palazzi e alle rovine di abbazie e monasteri. Oltre che alla zona fra Vicaria e Porto, mi riferisco per esempio a Villa Gallo, o alla Torre di Montalto di Marina del Cantone (dove si dice risiedano).
Ma ogni quartiere di Napoli e dintorni ha i suoi focolari, le sue storie, le sue dicerie. Ne potete trovare a dozzine. Esiste perfino una piazzetta a loro dedicata: il largo monaciello, a San Giovanni a Teduccio.
La figura di ‘O Munaciello si confonde, nella sua veste ectoplasmatica, con il culto napoletano delle Anime Purganti (o delle Anime del Purgatorio), di cui parlerò approfonditamente in un altro articolo della rubrica. Alcuni ritengono, infatti, che i Munacielli siano gli spiriti di coloro che sono morti violentemente. Essi non avrebbero fatto in tempo a uscire dalla finestra nel momento del decesso o, in alternativa, avrebbero anni da scontare sulla terra per alcune malefatte (il loro, personale Purgatorio).
Ricordo, comunque, che Napoli è la città più infestata d’Italia. Le apparizioni di fantasmi si sprecano, di ogni foggia e background. Fantasmi innamorati, fantasmi stregoni, fantasmi marinai, fantasmi soldati… ce n’è per tutti. Ma ne parleremo, ancora, in un altro articolo.
Tornando all’iconografia tradizionale di ‘O Munaciello, quella codificata da secoli di cultura popolare e inscenata nelle commedie napoletane, bisogna soffermarsi sul generico cappuccio, che generico non è. La vulgata vuole che ‘O Munaciello indossi una scazzettella (zucchetto) rossa sulla chierica, non diversamente dai vari folletti dei folklori europei.
Allo stesso modo di questi ultimi, lo si può piegare alla propria mercé rubandogli la scazzettella e mettendo a nudo, quindi, il testone calvo. Disperato, lo spiritello è disposto a tutto per riaverla. Anche a pagarla in oro.
Oltre al copricapo, ‘O Munaciello presenta delle fibbie d’argento sulle scarpe. Tuttavia, quest’immagine è soggetta a trasformazioni, come sempre accade nelle narrazioni orali. Del resto, il corpo di ‘O Munaciello non è che un avatar, un simulacro che lo spirito potrebbe trasformare in qualsiasi momento. Infatti, esso può crescere in altezza fino a diventare un gigante.
Per tale motivo abbiamo vecchi Munacielli con parrucca e codino; Munacielli giovani ed eleganti; Munacielli tramutati in serpi, centauri e altri animali.
Un elemento peculiare e costante di ‘O Munaciello è la sua attitudine a intrufolarsi nelle case (ricordate i pozzari?). Esso opera, però, in una varietà di modi. ‘O Munaciello può essere semplicemente di passaggio, per non tornare e causare alcun danno.
Può altresì lasciare monete nell’abitazione; tirare burle da giocare al lotto (previa traduzione in numeri attraverso la Smorfia); sfiorare e palpare le belle donne, che ricompensa prontamente con doni preziosi (in alcune storie, compare addirittura sul letto matrimoniale col sigaro in bocca, pronto all’azione); rivelare, nelle sue rare manifestazioni corporee, l’ubicazione di un tesoro.
Ciò avverrebbe soltanto di notte e solo alle persone meritevoli: i disperati, gli straccioni, quelli sull’orlo della fine. ‘O Munaciello condurrebbe l’uomo in questione alla località segreta senza chiedere nulla in cambio. Guai, però, a ostentare il dono ricevuto, o a far parola del miracolo. In tal caso, il tesoro svanirebbe così com’è apparso.
Di una persona arricchitasi repentinamente si usa dire che «forse avrà ‘O Munaciello in casa». Del resto, secondo un altro detto popolare, ‘O Munaciello «a chi arricchisce e a chi appezzentisce».
Capita che ‘O Munaciello si faccia trovare sul gabinetto, o che faccia rinvenire i suoi escrementi. Questi possono tramutarsi in oro, come l’oro può tramutarsi in sterco a discrezione dello spirito. Inoltre, un Munaciello ben disposto può benedire la casa con l’acqua santa e girare nelle stanze recitando l’Ufficio divino.
Quelle soprammenzionate sono apparizioni positive. Ci si può ingraziare ‘O Munaciello con del cibo (la golosità è una delle sue debolezze), sperando che lo trasformi in oro. Si può allo stesso modo urtare lo spirito rivelandone la presenza. E inimicarsi un Munaciello è una pessima idea, perché non si limita più a far sparire e riapparire oggetti. I dispetti si fanno pesanti, ingestibili… finanche fatali.
Parliamo di poltergeist più o meno intensi e rumorosi. Di malanni più o meno gravi. Di incidenti più o meno seri. Casualità molto rare rispetto agli innocui scherzetti. Fortunatamente, poi, al Munaciello furioso fa da contraltare la Bella ‘Mbriana, lo spirito positivo del focolare domestico. Di cui parleremo in un prossimo articolo.
‘O Munaciello si ritrova, dunque, in storie buffe e più seriose. Aiuta a coronare amori e provoca separazioni; regala giocattoli e dolci ai bambini, protegge gli orfani e le vedove; le donne in cerca di marito lo invocano per nove giorni, per trovare il loro uomo; le giovani innamorate si pongono sotto la sua ala, perché la famiglia non scopra la tresca; il giocatore gli fa lo scongiuro tre volte; lo si invoca di prima mattina per chiedere il pane quotidiano.
In passato, nei casi estremi si chiedeva addirittura l’esorcismo e l’Autorità Ecclesiastica provvedeva a benedire l’abitazione.
Munacielli d’Italia
‘O Munaciello è una figura unica ed estremamente popolare, ma condivide svariati tratti con gli altri folletti che popolano le numerosissime tradizioni italiane. Rientra a pieno titolo nella grande famiglia del “piccolo popolo” europeo.
«Chiedete ad un vecchio, ad una fanciulla, ad una madre, ad un uomo, ad un bambino se veramente questo munaciello esiste e scorazza per le case, e vi faranno un brutto volto, come lo farebbero a chi offende la fede. Se volete sentirne delle storie, ne sentirete; se volete averne dei documenti autentici, ne avrete. Di tutto è capace il munaciello…».
(Da Leggende napoletane di Matilde Serao)
Ogni paese, città o regione modella il folklore in base alle caratteristiche specifiche di quel luogo e di quelle genti. La formazione di un popolo, del resto, parte dalle sue origini e si sviluppa attraverso il panorama, la morfologia del territorio in cui si stabilisce. Ecco perché troviamo centinaia di figure simili, soprattutto tra località vicine, eppure diverse.
Oltre alle dimensioni per l’appunto gnomesche, uno degli elementi che accomunano quasi tutte le figure di cui parlo è proprio la scazzettella di ‘O Munaciello, il copricapo rosso che, se sottratto, costringe la creatura alla resa totale. Non solo: molti di questi spiriti sono animati dalla stessa volubilità. Dispettosi, giocherelloni, pestiferi, i folletti italici amano nascondere oggetti e portare il disordine in casa.
Come ‘O Munaciello, però, essi possiedono un lato gentile. Se presi per il verso giusto, essi proteggono le abitazioni, aiutano i bambini, conducono a tesori nascosti e così via. In pochi s’infuriano davvero e in pochissimi arrivano a causare il decesso dei malcapitati (in questo, probabilmente, la maggior “pericolosità” di ‘O Munaciello è riferibile allo stretto rapporto che Napoli ha con la morte).
Capita che ‘O Munaciello venga confuso, nella sua stessa terra, con il Mazzamauriello. Questi si trova anche in Molise e Abruzzo (Mazzemarill), nella Capitanata (Scazzamurrill), a Barletta (Schezzamurid), a Bari (Monacidd), in Lucania (Monachicchio o Marranghino), in Calabria (Marrauchicchi, U Monacheddu, Monaci Folletti, Marrauchini in Sila) e, allontanandosi, in Sardegna (Mazzamureddo, ma anche Ammuntadori), nelle Marche (Mazzamorello, Mazzamuriello), a Treviso (Massariòl), in Emilia (Barabanèn o Cardinaletto)…
La lista è lunghissima. Ognuno di essi possiede qualità che lo distinguono dagli altri; ognuno di essi ne possiede altrettante che lo accomunano al resto (da menzionare, tra queste, l’attitudine della maggioranza a intrecciare il crine dei cavalli e a soffocare durante la notte); ognuno di essi possiede decine di nomi alternativi a seconda della provincia. In Veneto, per esempio, esistono tante variazioni del Massariòl: lo troviamo come Massarolo, Martorelo, Malometo, Mazarul, Masariol eccetera.
I monachicchi sono esseri piccolissimi, allegri, aerei, corrono veloci qua e là, e il loro maggior piacere è di fare ai cristiani ogni sorta di dispetti. Fanno il solletico sotto i piedi agli uomini addormentati, tirano via le lenzuola dei letti, buttano sabbia negli occhi, rovesciano bicchieri pieni di vino, si nascondono nelle correnti d’aria e fanno volare le carte e cadere i panni stesi in modo che si insudicino, tolgono la sedia di sotto alla donne sedute, nascondono gli oggetti nei luoghi più impensati, fanno cagliare il latte, danno pizzicotti, tirano i capelli, pungono e fischiano come zanzare. Ma sono innocenti: i loro malanni non sono mai seri, hanno sempre l’aspetto di un gioco, e, per quanto fastidiosi, non ne nasce mai nulla di grave.
(da Cristo si è fermato a Eboli di Carlo levi)
Tali spiritelli, poi, si confondono tra loro e con quelli affini. Mi riferisco ai vari Lauri salentini: Laurieddhu, Lauru, Lauro, Lauriello, Llaurieddru, ‘O Lauro… agli Augurielli catanzaresi (U Augurie nella Puglia meridionale ecc.), agli svariati Farfari, considerati veri e proprio diavoletti e diffusi in tutto il mondo. Tra questi ultimi si annoverano il napoletano Farfariello, confuso alle volte con ‘O Munaciello, il Farfareddu, il Farfarello dantesco, Farfareddo eccetera.
Le radici di tali esseri sono, con tutta probabilità, tante e diversificate. Sicuramente alcuni di essi si rifanno, in gran parte, ai Lari (Lares) romani, spiriti protettori degli antenati che vegliavano sulla casa, sulla famiglia e preposti alla difesa dei confini e dei passaggi. Altri ai Penati (Penates), anch’essi numi tutelari. Altri ancora al Genio e, in particolare, al Genius loci. Qualcuno ai Mani (Dii Manes) e così via.
Allo stesso modo, non vi è dubbio che vi siano similitudini con gli Incubi (Incubones) della tradizione romana. Essi comprimevano il petto del dormiente durante la notte, togliendogli il respiro, e a volte vi si univano carnalmente causando gravidanze indesiderate. Ma soprattutto, Petronio nel Satyricon descrive un Incubus a cui viene sottratto il berretto conico mentre si dà alla pazza gioia; berretto che conduce il ladro a un tesoro nascosto.
‘O Munaciello nei media
‘O Munaciello è il principe del pantheon soprannaturale napoletano. In quanto a popolarità, rivaleggia addirittura con l’amato San Gennaro. Non a caso, a volte ‘O Munaciello è stato assimilato alla figura di San Pantaleone, patrocinatore del gioco del lotto. Insomma, lo si può affiancare alla celebre Janara (che discuteremo in abbondanza) in quanto a diffusione nella Campania tutta.
Non deve stupire, dunque, che ‘O Munaciello sia presente da secoli nella produzione artistica napoletana. Giambattista Basile parlava di lui nel seicentesco Lo cunto de li cunti, una delle prime raccolte di fiabe italiane. E lo si ritrova negli antichi Canti popolari delle provincie meridionali raccolti da Casetti e Imbriani.
Si pensi, a tal proposito, che già nel 1595 il parlamento di Francia consentì a una rescissione del contratto di fitto quantomai particolare. L’istanza fu presentata, infatti, da alcuni napoletani tormentati dal Munaciello. Un’evenienza, invero, relativamente comune, come attesta Grimaldi Ginesio nell’Istoria delle leggi e magistrati del regno di Napoli.
‘O Munaciello entrò di prepotenza, dunque, in una delle forme d’arte più amate dai Napoletani: la commedia. Giambattista Lorenzi lo evocò diverse volte, come nella Finta maga per vendetta inscenata nel 1768 al Teatro Fiorentini.
Ritroviamo ‘O Munaciello affiancato a Pulcinella, altra figura tanto amata, ne La dama creduta spirito folletto del 1802 e Pulcinella molinaro condannato a morte da due vecchi e protetto dalla fata Serafinetta del 1886. O ancora, nelle commedie di Antonio Petito: Nu Munaciello dint’ ‘a casa ‘e Pulcinella del 1870 e Nu diavule ‘nguacchiato del 1875.

‘O Munaciello viene messo in scena, in tempi più recenti, da Edoardo de Filippo in Questi fantasmi, o nella trasposizione teatrale della favola La Gatta Cenerentola di Roberto de Simone. Sbarca perfino sul grande schermo, con la pellicola ‘O Re di Luigi Magni (1989).
Non vi è dubbio, poi, che la figura di ‘O Munaciello sia stata popolarizzata anche dal lavoro di Matilde Serao, con le sue Leggende Napoletane (1881) e, in misura minore, da Benedetto Croce con le sue Storie e leggende napoletane (1919).
Oggi ci sono tanti libri che parlano di ‘O Munaciello. Pochi saggi (come l’omonimo di Giuseppe Errico) e poche storie specifiche sul personaggio, ma questi viene citato di frequente nei testi che parlano di Napoli.
Passando alle produzioni straniere, ‘O Munaciello compare in una trilogia di libri illustrati: Monacello, the little monk di Geraldine McCaughrean, con illustrazioni di Jana Diemberger. Illustrazioni che ho utilizzato proprio in questo articolo.
Troviamo lo spiritello perfino nel gioco di ruolo Pathfinder, con un’entry ad esso dedicata a pagina 144 del Pathfinder Roleplaying Game Bestiary 4 (2013).
Dressed in red robes like those of a monk, this little monster displays a sharp-toothed smile and flips a gold coin in its hand. Most often found in urban environments, this gremlin lives among humanity, taunting religious and scholarly organizations with its pranks. Monaciello gremlins are most commonly found in monasteries and cathedrals where they wriggle their way up from the sewers and catacombs to play tricks on the devout.
These tricksters pull blankets off sleeping clergy members, harass servants, spoil food, and hide valuables from their owners. Enamored with gold, they often overinflate the value of things with illusions, and even throw handfuls of gold coins (or illusions of gold coins if they are feeling especially stingy) to distract creatures on their trail. They pull these coins from their ever-present magical bags, confident they can always pilfer more.
A monaciello stands 2-1/2 feet tall and weighs approximately 20 pounds.
Saltando a un’altra forma espressiva, la musica, lo incontriamo in tantissime canzoni: in ‘O Munaciello di Roberto Bracco, del 1891; in ‘O Munaciello di E’ Zezi, del 1995; nella canzone omonima di Rareca Antica, Franco Staco, Scetapopolo e decine di altri autori, che siano canti popolari, neomelodica napoletana e via dicendo.
«Io song’ ‘o Munaciello d’ ‘a casa toia
te facci’ ‘o pazzariello e ttengo ‘a foia.
Me piacen ‘e zezzelle
piccerelle e ghianculelle.
Pe’ ddint’ ‘e ssengh’ ‘e muro
io traso rint’ ‘o scuro
po’ traso chiano chiano e sto sott’ ‘o divano…
Si traso cchiù vicino
i’ vengo ‘int’ ‘a cucina…
Cenere’ fatte vede’
ca t’aspetta pure ‘o rre!»
(da La gatta cenerentola di Roberto De Simone)
Jo Monaciello, cantante neomelodico autoproclamatosi “satanista” (dai chiari intenti parodistici), ce l’ha nel nome d’arte. Insomma, lo spiritello è più vivo che mai.
Che ne pensate della figura di ‘O Munaciello? Ci sono spiritelli simili anche dalle vostre parti?
Se hai apprezzato l’articolo, non dimenticare di leggere gli altri della rubrica Folklore Italiano tra Media e Realtà!
10 risposte
Articolo ben fatto! Non sapevo che esistessero altri monacielli fuori da Napoli ? . Eppure, chissà che si nasconde veramente dietro questa figura… ne ho di episodi raccontati da parte di mia nonna, da mio padre anche, davvero mettono i brividi ? . Ora ho capito anche il perché qualche volta ho sentito dire l’espressione “è uscita ‘na ‘mbriana ‘e sole!” ? la convivente del munaciello!
Grazie! La ‘Mbriana è un personaggio mooolto interessante (non a caso è tra i principali del mio romanzo!); credo che l’articolo successivo a quello sulla Janara verterà su di lei, deviazioni permettendo 😛
Va bene ? della Janara, intanto, conosco solo il nome, sarò curiosa di leggerne di più!
Articolo interessantissimo e scritto davvero bene, complimenti!
Senti ma io ho avvistato un munaciello nel giudizio universale di Bosch, qualcuno l’avrà mai notato?
Non linko l’immagine, basta cercare su google Hieronymus-Bosch Giudizio universale pannello centrale!
Grazie mille! Ho dato un’occhiata all’opera e… hai ragione! È proprio la figura da cui è tratto il “Munaciello particolare” che ho trovato e postato nell’articolo. Farò delle ricerche in proposito e ti farò sapere 😉
Complimenti per questo articolo esaustivo e molto interessante. Il folklore italiano è così ricco e variegato, è un peccato che non riceva l’attenzione che merita. Aspetto impaziente il prossimo articolo 😀
Grazie mille, Chris! 🙂
Articolo molto ricco e interessante!
Grazie mille, Anna Maria 🙂 !
Voglio sapere come si fa per scacciarlo da una casa il monacello