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Intervista all’Autore: Sina Mazzei

«Le mie fiabe permettono un percorso interiore verso la consapevolezza delle emozioni, sviluppano il pensiero critico, divergente nel bambino». Sina Mazzei
Sina Mazzei
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Indice

Ciao Sina, presentati ai lettori di Immersività.

  • Sina Mazzei: Ciao a tutti. Sono Mazzei Sina, docente di Scuola Primaria, residente in Calabria, dove la sua passione per la scrittura, fin dalla più tenera età, attinge sogni e speranze. Ho già pubblicato un romanzo nel 2004 Un vuoto da decidere e conseguito diversi riconoscimenti nei vari concorsi letterari. C’era una volta un Mostro nell’armadio è la seconda uscita, dopo Timére con il cielo dentro gli occhi, di una collana di fiabe per bambini, Demetra, i cui personaggi animali personificano i conflitti interiori e suggeriscono, in maniera gentile, un modo per risolverli. L’Eroe è il simbolo stesso dell’anima in trasformazione e del viaggio che ciascun essere intraprende durante la sua vita, alla ricerca di se stesso e del significato dell’esistenza, innescando, così, quel cambiamento di consapevolezza di se stessi e della realtà. Le fiabe sono dotate di un linguaggio semplice ma profondo che, attraverso spunti psico-filosofici, sono in grado di permettere lo sviluppo del pensiero critico divergente, a partire dalla scuola Primaria, e, del superamento dei limiti in ogni bambino, per meglio rapportarsi col mondo esterno.

Da quanto tempo scrivi e come hai iniziato?

  • Sina Mazzei: Scrivo da molto tempo, ma con le fiabe ho iniziato da circa un anno.

Che tipo di scrittrice sei? Segui delle regole particolari quando scrivi?

  • Sina Mazzei: Scrivo fiabe e seguo sia il metodo del mostrare che del raccontare, le mie fiabe sono una grande metafora dell’esistenza che sviluppano tutti i punti narrativi tipici di una fiaba.

I tuoi generi letterari preferiti?

  • Sina Mazzei: Fiabe e saggistica meditativa.

Cosa ami della narrativa?

  • Sina Mazzei: Della narrativa amo soprattutto il percorso di consapevolezza affinché possa rendermi consapevole delle mie emozioni, per una lettura più dettagliata e vera della realtà.

Parlaci di un tuo romanzo.

  • Sina Mazzei:

C’era una volta un Mostro nell’armadio.
Prefazione – a cura della Dott.ssa in filosofia Valentina Isabella.
La Gola dell’Abisso permette di mostrare la verità a chi ancora non la conosce.
È un ritorno alla mia adolescenza, quando vivere per me voleva dire andare fino in fondo alle cose per scoprire la verità. Ricordo le mie fragilità, tipiche di un’età definita intrinsecamente difficile, la mia ribellione di fronte all’ingiustizia, la spiccata sensibilità che amplificava il mio modo di vivere la realtà, tracciando un confine tra il mondo interno, e il mondo esterno, quello delle apparenze, entro cui si affannano i dormienti. Coloro che faticano a mettersi cammino. In questa dicotomia, rivedo Paride che preferisce stare tra le mura di casa, al riparo, da un mondo che vede come nemico. Ma la casa è solo il luogo dove poterci riparare? Anche e non solo. È il nostro posto sicuro, il luogo dove possiamo davvero metterci comodi e guardare i mostri nell’armadio. E per me che di mostri ne ho guardati, e continuo a guardarne, è come quel vento che ti spinge avanti fino a perdere l’equilibrio.
Nella storia, i luoghi, i personaggi, le parole, gli eroi rimandano ai vissuti personali, ad esperienze di vita reale, alle difficoltà che si incontrano ogni giorno, alle sconfitte e conquiste, poiché la storia di Paride è la storia di tutte le storie. Non è una storia da leggere tutta d’un fiato, ma è uno stimolo a pensare, un modo per filosofare. Quel modo di ragionare filosofico che permette di indagare con curiosità la realtà, saper fare distinzioni, fare passi in avanti e poi indietro, e ancora quell’attitudine ad accettare il proprio limite e trovare il coraggio di andare nell’abisso e correre il rischio. Ma è un racconto per bambini? Non è detto. La lettura può essere stimolante per adolescenti, educatori, facilitatori, insegnanti che intendono soffermarsi sul valore della parola, ma soprattutto che vogliono educare a guardare in faccia i mostri invece di evitarli. Inoltre, la lettura può essere apprezzata, da tutti coloro che desiderano vivere da svegli, e decidono di mettersi intenzionalmente in viaggio verso la conoscenza.
Da subito Paride mi ha fatto venire in mente un personaggio mitologico greco, ma uno scambio con l’autrice, mi ha chiarito quale fosse il volto del vero Paride. Qui il personaggio rappresenta le insicurezze, le incertezze più profonde, il conflitto, il disagio di non aderire alle convenzioni sociali (che accecano, e parecchio), la frustrazione di chi non sa maneggiare la propria intimità, la disperata ricerca di ciò che ancora non conosce, e la narrazione mentale di chi non vive il presente. La fragilità dinanzi al giudizio, la paura di non essere abbastanza capace, disattendendo le aspettative dell’adulto, la figura paterna come certezza, e modello a cui assomigliare; la relazione con la madre, con i fratelli e con l’ambiente. Inoltre, la sensibilità d’animo permette a Paride di sentire il suo disagio, rimanendo prigioniero dei suoi pensieri, incatenatovi sin da fanciullo, per il suo modo di stare nel mondo. Soltanto un istinto profondo, lo trascina verso la vera realtà (a cui si accede uscendo dalla caverna di Platone) e vedere la luce, per accorgersi di aver vissuto nell’oscurità. In tutto questo si rivela Sina, un’insegnante che riscrive la sua esperienza di docente della scuola primaria, attraverso un’allegoria disegnata con colori accesi, utilizzando le abili metafore per incoraggiare ad affrontare le difficoltà, come possibilità per crescere e diventare grandi.
A me chiede il punto di vista filosofico, in una storia in cui rivedo il mio essere figlia, alunna, sorella, amica, madre, moglie, professionista impegnata ad abitare il mondo con un kit speciale: la consapevolezza.
Buona lettura, anzi buon viaggio a te che leggi!

Timere. Con il cielo dentro gli occhi.
Prefazione – a cura della Dott.ssa in Psicologia Martina Perazzone.
“Sai, io colleziono fate.”
La prima frase scambiata con la maestra Sina è stata proprio questa, in un pomeriggio come tanti di ormai tre anni fa.
Mi trovavo al negozio di mia cognata, nel piccolo paese della Calabria dove il destino e l’amore avevano deciso di portarmi. Ricordo di essermi sentita più volte fuori luogo, io, psicologa e torinese da generazioni, catapultata in una realtà affascinante ma a me sconosciuta come quella del sud Italia. Ricordo la sensazione di non appartenenza, la voglia di radici, la curiosità, i dubbi… e poi l’incontro con lei, la collezionista di fate, uno sguardo ironico dietro un paio di occhiali, voce squillante e sorriso ampio.
Alcuni avvenimenti forse sono scritti nelle stelle perché, nonostante io non abbia né figli né nipoti, il destino ha voluto che una delle prime persone da me incontrate, una volta trasferitami, sia stata proprio la maestra Sina. In paese tutti la conoscono, ci sono generazioni di suoi studenti che ancora ricordano la sua preparazione e il suo rigore.
Iniziamo a parlare, quasi per caso, nei mesi e negli anni ci incontriamo più volte, scambiandoci meno convenevoli e più idee, ma sempre in maniera fortuita. La pandemia riduce enormemente le possibilità di trovarsi e chiacchierare, ma poi, improvvisamente, accade: la sua idea di scrivere fiabe per bambini, ed il mio coinvolgimento per visionarle ed approfondirne gli aspetti psicologici.
Inutile dire che questa richiesta mi ha riempito di orgoglio e ha lenito un po’ quel senso di non appartenenza che credo accompagni chiunque nel momento in cui si trovi a lasciare il suo luogo d’origine, ed i suoi affetti più cari.
È brava, la maestra Sina. Si impegna, accetta le critiche e le fa sue in maniera sempre costruttiva. Ogni sua fiaba è un percorso di crescita, per chi la legge e per chi la scrive. Ed è in questo circolo virtuoso di emozioni e fantasia, lettura e apprendimento, che si colloca Timère, una fiaba per bambini e bambine, ma con un profondo risvolto psico-filosofico.
La storia di questa pecorella timida, ma con grandi sogni, la descrizione delle sue paure, il racconto della sua evoluzione e dei suoi successi attraverso tutto un anno scolastico toccano, in maniera gentile ma risoluta, temi di grande attualità come l’ambizione, l’isolamento, la forza dei sentimenti, la perseveranza, l’empatia.
Credo che in Timère ci sia tutto quello che la maestra Sina ha visto nei suoi anni di docenza: l’orgoglio di aver contribuito allo sbocciare di giovani vite e il rammarico di non essere riuscita, a volte, a fare la differenza.
Timère è una fiaba che arriva dritta al cuore di tutti noi, non importa l’età. Riesce con una semplicità disarmante ad aprire mille possibilità di dialogo e confronto costruttivo con i bambini, sia che la si legga in classe come strumento didattico sia che la si condivida a casa, in famiglia.
Non è una storia sterile, è viva, pulsante. Affronta un tema molto delicato, come lo è il mondo delle emozioni, facendoci capire che non ne esistono di giuste e sbagliate ma che, anche nelle caratteristiche che possono farci sentire fragili, vi sono forza e bellezza. Un chiaro esempio del processo di crescita e accettazione di sé può essere colto se si osserva il rapporto della protagonista con il colore rosso: dapprima esso è odiato, in quanto Timère lo identifica con il segno inconfondibile della sua timidezza (le famose guance che vanno a fuoco). La pecorella lo detesta a tal punto da non volerlo nemmeno tra i suoi colori e privandosi, così, di poter dipingere tutta una serie di paesaggi e sfumature. Man mano che la storia prosegue però, Timere si conosce meglio, aumenta la sua autostima e riceve in dono, da un suo compagno, il colore rosso. Verso la fine del racconto la pecorella, disegnando uno splendido dipinto, lo utilizza e, così facendo, simboleggia l’aver anche accettato se stessa.
Timère ci fa stare con i piedi per terra ma con gli occhi levati verso il cielo, ci porta a vedere davvero i colori del mondo, a sentire davvero i suoi odori e i suoi profumi. Ci accompagna in un viaggio per riscoprire sensazioni forse sopite da tempo… e, magari, a riaprire quel cassetto dove, da bambini, avevamo chiuso un sogno.
Attraverso la timidezza della protagonista affrontiamo un viaggio nel nostro Io più profondo: questa è Timère, questa è la maestra Sina: la mia collezionista di fate, la mia prima piccola, ma solida nuova radice.

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Cosa ne pensi dello stato della letteratura e dell’editoria in Italia?

  • Sina Mazzei: Penso che l’editoria debba incoraggiar gli autori emergenti dando loro la possibilità di pubblicare gratis o con cifre minime. Si richiedono cifre altissime che scoraggiano la pubblicazione. La letteratura oggi è molto varia e racconta lo stato attuale del mondo in cui viviamo, ci permette anche di essere felici incontrando i nostri personaggi preferiti, oppure ci coinvolge nei nostri sentimenti ed emozioni. Molti oggi manifestano la necessità di raccontarsi in un mondo che ha molto di solitudine e solipsismo. I giovani sentono il bisogno di essere ascoltati e scrivono soprattutto sui social, con linguaggi inappropriati. Scrivere non sempre corrisponde a leggere. Si legge, poco, difatti, e male. La Scuola può fare molto in tal senso.

Ultima domanda: spiega ai lettori perché dovrebbero leggere proprio te, in un mare di autori.

  • Sina Mazzei: Le mie fiabe permettono un percorso interiore verso la consapevolezza delle emozioni, sviluppano il pensiero critico, divergente nel bambino, hanno un linguaggio semplice ma profondo, con didascalie che facilitano la lettura veloce e la capacità di concentrazione, i dialoghi sono attivi e le pagine sono i ricche d’ immagini coloratissime. Sono fiabe da leggere insieme con la famiglia dove anche gli adulti ci si possono ritrovare. Sono fiabe adatte per un percorso di lettura nelle Scuole.

Saluta i lettori di Immersività!

  • Sina Mazzei: Un saluto a tutti. Se siete interessati alle mie fiabe scrivetemi.

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Ciao,

Sono Giuseppe, scrittore, blogger, insegnante di scrittura creativa e coach narrativo! Sono alla costante ricerca di nuovi metodi per raccontare storie. Immersivita.it è il mio tentativo di condividere ciò che ho scoperto: benvenuti, e che il naufragar vi sia dolce in questo mare…

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