Ciao Marco, presentati ai lettori di Immersività.
- Marco Bertoli: Ciao a tutte e tutti. Mi chiamo Marco e sono nato nel 1956 a Brescia da genitori lunigianesi. Sono più che felicemente sposato con Anna, spezzina e mia coetanea, dal 1981. Ho due figlie, Debora, la maggiore, e Serena, entrambe adulte e indipendenti, e una nipotina, Isabella. Sono geologo e lavoro come tecnico al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. I miei svaghi sono la lettura, sia di saggi di storia militare, antica e moderna, sia di gialli storici, i videogiochi RPG (in coppia con la moglie!) e i wargame da tavolo.
Da quanto tempo scrivi e come hai iniziato?
- Marco Bertoli: Posso dire che la scrittura è nata con me, impressa nel mio DNA. Da che ho ricordi coerenti, mi ha sempre attirato il “giocare” con l’immaginazione, inventando storie fantastiche che mi vedevano protagonista. Crescendo e interagendo con gli altri bambini è venuto spontaneo ampliare il mio pubblico: alle scuole elementari ideavo storie avventurose da narrare a voce agli amici e compagni per farli divertire o spaventare. Alle scuole medie e alle superiori ho iniziato a metterle nero su bianco, ma senza comunque pensare mai di pubblicarle. Gli anni dell’Università e quelli seguenti mi hanno visto impegnato su altri fronti e ho quindi smesso di scrivere, ma non di fantasticare, sinché una mattina, nell’attesa dell’autobus per recarmi al lavoro, ho sentito una vocina che sussurrava: “Che ne diresti di cimentarti in un romanzo?”. Da quel giorno non mi sono più fermato e ho pubblicato nove romanzi e tre antologie di racconti. Ho partecipato a più di duecentoventi antologie insieme ad altri autori.
Che tipo di scrittore sei? Segui delle regole particolari quando scrivi?
- Marco Bertoli: Del tipo che si siede davanti al computer e comincia a buttare giù frasi, anche se non soffia l’ispirazione. Sono convinto, infatti, che scrivere, per quanto possa suonare un’offesa verso altri mestieri, richieda impegno e fatica, quindi una forma di costrizione. Narrare storie risucchia energie ed emozioni proprio come se tu le avessi vissute in prima persona. Fantasia e costanza, sono, secondo me, essenziali. Quanto alla filosofia, essere scrittore, significa scavare dentro di me alla ricerca degli angoli oscuri che nascondiamo in noi ed entrarci dentro senza avere paura. Sono convinto, infatti, che sia troppo facile giudicare i comportamenti altrui quando non siamo coinvolti in prima persona. Bisogna viverle le situazioni per scoprire come reagiremmo. Un proverbio dei Sioux riflette bene questa idea: “Prima di giudicare qualcuno, cammina per tre lune nei suoi mocassini”. Per questo molti dei miei personaggi sono individui in cui a prima vista nessuno s’identificherebbe. Unica regola: stendere nero su bianco almeno una pagina al giorno.
I tuoi generi letterari preferiti?
- Marco Bertoli: Sono un lettore onnivoro, sia di saggi, in modo speciale quelli di storia militare, sia di letteratura, con un’inclinazione verso i gialli d’ambientazione storica.
Cosa ami della narrativa?
- Marco Bertoli: Come lettore, rispondo con due citazioni: «Leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà». (Se una notte d’inverno un viaggiatore, Italo Calvino). «Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi». (Il mestiere di vivere, Cesare Pavese). Come scrittore, raccontare è uno strumento che mi appaga e consente di comunicare con altre persone tramite vicende che spero le intrighino ed emozionino.
Parlaci di un tuo romanzo.
- Marco Bertoli: Percussor. I delitti del Reame Pisano edito da NPS Edizioni. Il romanzo è un giallo con pennellate fantasy ambientato in un XVII secolo ucronico in cui Pisa non è stata sconfitta alla battaglia della Meloria e il Conte Ugolino della Gherardesca ha fondato il Reame Pisano. I confini del regno coincidono, all’incirca, con quelli del Granducato dei Medici, con l’esclusione di Firenze. La protagonista, Debrena, è una ragazza cieca che ha la capacità di vedere le anime dei morti assassinati. Questo suo potere consentirà agli investigatori “ufficiali”, un colonnello dei moschettieri e un mago giudiziario, di sventare un complotto contro la monarchia e di smascherare un famigerato sicario. Aggiungo che nel mondo che ho immaginato le arti arcane fanno parte della vita di tutti i giorni e sono utilizzate in mille attività, tra cui le indagini di polizia. La magia che descrivo, però, non è quella tipica del Fantasy, perché è regolata da un sistema di leggi definite da un certo Galileo Galilei.

Cosa ne pensi dello stato della letteratura e dell’editoria in Italia?
- Marco Bertoli: A fronte di piccole case editrici che rischiano nel puntare e valorizzare su autori e autrici emergenti, e ce ne sono di ottime qualità, le grandi, che monopolizzano il mercato, pubblicano libri di autori esteri di successo o di italiani conosciuti per motivi diversi dalla scrittura. Ovvio che non sono enti benefici e mirano al profitto, tuttavia la conseguenza è un proliferare di libri biografici e autocelebrativi. Kafka pensava che un libro debba essere un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi e qui, al contrario, ci troviamo davanti a congelatori! Per carità di Patria, tralascio il giudizio tecnico sulla qualità dei testi.
Ultima domanda: spiega ai lettori perché dovrebbero leggere proprio te, in un mare di autori.
- Marco Bertoli: Se cercano una storia in cui si mescolano temi sempre attuali quali amore e odio, desiderio di vendetta e senso di giustizia, amicizie e rancori, perché non darmi una possibilità?
Saluta i lettori di Immersività!
- Marco Bertoli: Anzitutto li ringrazio per la pazienza per essere giunti fino a questo punto. Poi li invito a coltivare una passione che diminuisce di pari passo con il sopravanzare della ‘civiltà dell’immagine’. C’è chi sostiene che i libri siano una fonte di cultura superata perché i video sono più immediati per trasmettere emozioni e messaggi. Sarà, ma volete barattare il piacere di soffermarsi su di una frase, rotolandola sulla lingua per assaporarne le mille sfumature e scovare quelle in cui ci riflettiamo?
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